Il ladro di ragazze, primo romanzo di Carlo Silini (Gabriele Cappelli Editori 2015), prende spunto da una leggenda che narra di un mago che vive in un castello alle pendici del Monte San Giorgio, nella pianura tra Mendrisio e Rancate. Con l’aiuto delle sue guardie, il Mago di Cantone rapisce giovani e povere ragazze, le rinchiude in una grotta dietro il suo palazzo e le rende vittime di un perverso gioco magico. In seguito le uccide e getta i loro corpi in una pozza dentro la stessa grotta. Una storia cupa nella quale gli storici del Mendrisiotto hanno individuato una componente di realtà storica. Nel 1603, un nobile del Ducato di Milano, Francesco Secco Borella, viene effettivamente messo al bando per orribili reati e si stabilisce in un palazzo di campagna tra Rancate e Riva San Vitale, poi nominato “Castello del Mago di Cantone”. Nel 1632 il figlio di questo nobile, Antonio, ex frate cistercense, viene ucciso in circostanze misteriose a Mendrisio. Tre mesi dopo viene registrato il battesimo di una bimba, Maddalena de Buziis, figlia di Antonio Secco Borella.
A partire da questa traccia storico-leggendaria il romanzo ricostruisce l’ambiente sociale, religioso e popolare dei baliaggi svizzeri a Sud delle Alpi e del Ducato di Milano nella prima metà del Seicento. In questo scenario si inserisce un’aspra caccia all’uomo, che si intreccia con una storia d’amore apparentemente impossibile, quella tra Tonio, lo Stralüsc, e la sua amata, la giovane Lena, che misteriosamente sparisce. Il ragazzo, per ritrovarla, dovrà affrontare molte difficoltà. La lista delle figure invischiate in questa vicenda è però molto più lunga e variegata: entrano in gioco altri personaggi, alcuni buoni, altri cattivi, altri ancora ambigui, alcuni ricchi, altri poveri, tutti in grado di calare il lettore nella realtà sociale e politica del Mendrisiotto seicentesco. Una realtà piena di intrighi, complicazioni, e all’insegna della prevaricazione, nella quale, prima della resa dei conti finale, tutti i protagonisti sono costretti a rovesciare il loro modo di pensare per avere una possibilità di successo.
La prosa è animata da una lingua viva, dove si insinua anche il dialetto ticinese. L’autore ha utilizzato una lingua moderna, ma non ha esitato a inserire espressioni dialettali tipiche del Seicento. I dialoghi fanno emergere sempre qualche indizio sul carattere dei diversi personaggi. Carlo Silini ha dato ai protagonisti una forte umanità, in modo da renderli più attuali e reali. In effetti, gli impulsi di fondo e i desideri umani di oggi non si mostrano poi così diversi da quelli di una società del Seicento. I dialoghi, i pensieri, le riflessioni, i flashback e le carte documentarie riportate, permetto al lettore di ricomporre i pezzi della storia che rimane tuttavia oscura fino alla fine. Gli ambienti e i palazzi che i personaggi abitano diventano simboli in grado di trasmettere sensazioni quasi percepibili, in modo che il lettore capisca subito se un luogo è sede di tensioni e macchinazioni, oppure simbolo della salvezza. L’esempio più lampante è quello dell’abitazione del Mango di Cantone, che appare come un luogo tetro, come il simbolo del male, dove giungono personaggi loschi e cattivi. La particolare struttura del romanzo, composto da capitoli brevi, permette di seguire una ad una le vicende dei protagonisti, spesso separati e alla ricerca l’uno dell’altro. In questo modo, il lettore è costantemente avvolto nella suspance e non sa mai cosa aspettarsi quando volta pagina.
La leggenda raccontata viene arricchita con una trama misteriosa, i cui dettagli non verranno mai chiariti completamente. Il racconto è appassionante e convincente, i capitoli sono ricchi di sorprese e di colpi di scena, accompagnati da nuove storie d’amore e sotterfugi. Nell’ombra siede costantemente il malvagio, pronto a scontrarsi contro chi osa ostacolarlo. Il racconto è appassionante e convincente, i capitoli sono ricchi di sorprese e di colpi di scena, accompagnati da nuove storie d’amore e sotterfugi. È importante il messaggio di fondo che Carlo Silini, con questo romanzo, ha voluto trasmettere. Infatti, oltre al desiderio di riesumare una leggenda legata alla sua terra, l’autore parla di un tema importante, quello della violenza sulle donne. Benché in chiave diversa, forse più distaccata perché le vicende si svolgono nel Seicento, l’autore ha avuto la sensibilità di toccare questo tema, ancora presente ai nostri giorni.
Carlo Silini, Il ladro di ragazze, Mendrisio, Gabriele Cappelli Editore, 2015, pp. 464