Scorro velocemente l’homepage di Facebook e all’improvviso un fotomontaggio attira la mia attenzione. Mi fermo, ingrandisco l’immagine. Sullo schermo appare una foto che ritrae il volto di un uomo di colore, posizionato dietro all’immagine di una banana. Lo slogan in primo piano recita «Più banane per tutti». L’uomo sulla foto si chiama Ndombele Antoine, candidato in Gran Consiglio alle ultime elezioni cantonali ticinesi dello scorso 19 aprile. Che si tratti di uno scherzo di cattivo gusto oppure di semplice satira, il fotomontaggio contro Ndombele è la dimostrazione che ancora nel 2015 gli stereotipi legati alle origini di una persona possono alimentare molti pregiudizi. Nonostante molte volte queste azioni siano compiute in maniera inconsapevole o goliardica, di fatto esse possono farsi veicolo di discriminazione razziale.
La Svizzera, spesso rappresentata come modello ideale di “unità nella diversità”, negli ultimi anni è stata sottoposta a molte critiche, scatenate essenzialmente da alcune iniziative popolari che hanno caratterizzato il panorama politico elvetico e ticinese. Queste iniziative e, in particolare, le campagne d’informazione legate ad esse proposte da alcuni partiti, sono state definite da diversi esponenti della politica internazionale e da svariati media a livello mondiale come «razziste e xenofobe». Sebbene la Svizzera non possa certo essere considerata un paese diviso da contrasti etnici o religiosi, non si può neppure negare che anche nel nostro paese la discriminazione a causa dell’origine, del colore della pelle, della religione, della cultura e della lingua sia ancora riscontrabile in vari ambiti. I dati raccolti dalla rete dei consultori per le vittime di razzismo evidenziano che la discriminazione esiste e si concentra maggiormente in ambiti quali il mercato del lavoro, quello dell’alloggio, nei rapporti con l’amministrazione pubblica e la polizia, o con le agenzie di sicurezza private. Negli ultimi anni non è stato riscontrato un particolare aumento dei casi di discriminazione razziale denunciati da parte delle vittime, ma in Svizzera esistono tuttora un gran numero di episodi di questo genere che passano inosservati, o dei quali, alle volte, si preferisce non parlare. La volontà politica non basta, la lotta al razzismo e alla discriminazione razziale esige degli strumenti adatti per affrontare le realtà sul terreno. Nell’ambito del Programma d’Integrazione cantonale 2014-2017 in Ticino sono in aumento gli enti e i progetti che affrontano il fenomeno della discriminazione razziale e realizzano campagne di sensibilizzazione. In particolare dal 2012 viene organizzata ogni anno anche in Ticino la Settimana contro il razzismo. Ma soprattutto, attraverso la collaborazione tra il delegato cantonale per l’integrazione degli stranieri e la Confederazione, è stato creato in Ticino il Centro Ascolto Razzismo Discriminazione – Cardis.
Cardis è nato in modo tale da colmare un’importante lacuna che fino al 1 aprile 2015 ha caratterizzato il Cantone. Effettivamente, «l’assenza di un servizio incaricato di effettuare un monitoraggio sistematico degli episodi di discriminazione razziale sul nostro territorio e in grado di rispondere in modo professionale alle esigenze delle vittime e dei testimoni di questo fenomeno» era piuttosto evidente, ci spiega Estelle Rechsteiner, portavoce del centro. Cardis ha il compito di raccogliere, esaminare e valutare le segnalazioni e le testimonianze riguardanti episodi che hanno pregiudicato in passato, e che potrebbero pregiudicare in futuro, la parità di trattamento e le pari opportunità tra le persone che abitano il cantone Ticino. Sebbene non siano ancora state elaborate delle tendenze e delle caratteristiche più specifiche del fenomeno a livello ticinese, Rechsteiner evidenzia come in Ticino si possa osservare «un aumento preoccupante delle esternazioni razziste sui forum e sui social network». «Questa tendenza – continua – è dovuta probabilmente al fatto che c’è una certa deresponsabilizzazione causata dall’anonimato consentito a chi diffonde questo tipo di messaggio. C’è anche una certa confusione tra il virtuale e il reale, per cui chi diffonde un messaggio offensivo o denigratorio non si rende conto dell’enorme risonanza del suo atto e della conseguente sofferenza vissuta dai destinatari». L’aumento dei casi di razzismo su internet è riscontrabile non solo in Ticino, ma in tutta la Svizzera, in special modo sui social media come Facebook, Twitter o Youtube. Il dato più preoccupante è che gli autori di questi atti sono sempre più spesso i giovani utenti del web.
In effetti, nel ventunesimo secolo basta un semplice click per inviare esternazioni razziste a milioni di utenti in tutto il mondo. Quale modo migliore dunque per combattere il razzismo e la discriminazione razziale che avvalersi di questi stessi mezzi? O almeno, questa è l’idea della Commissione Federale contro il Razzismo (CFR) che quest’anno, in occasione del ventesimo anniversario della sua nascita, lancia la campagna nazionale Svizzera Variopinta, volta a combattere la discriminazione razziale in tutta la Confederazione. La campagna, sostenuta tra gli altri dal Dipartimento federale degli interni e dal suo capo, il Consigliere federale Alain Berset, si svolgerà principalmente nel mondo virtuale. Durante la cerimonia d’apertura, che si terrà a Berna il 25 giugno 2015, Alain Berset inaugurerà uno speciale sito web che resterà online per sei mesi e nel quale sarà possibile dare sfogo alla propria creatività. Infatti, l’idea sarebbe che scuole, classi o gruppi di giovani pubblichino, scrivano e gestiscano questo sito web, condividendo sulla rete i loro testi, musica, foto, reportage e video che trattino e informino sul tema del razzismo e della discriminazione razziale. Il 20 novembre, sempre a Berna, si terrà un evento aperto al pubblico che, oltre ad essere un’ottima occasione per parlare ulteriormente del tema del razzismo, rappresenterà la chiusura ufficiale di Svizzera Variopinta. In un’epoca in cui sempre più spesso il patriottismo viene spinto all’eccesso, è importante che il tema del razzismo rimanga attuale, informando quanto più possibile le nuove generazioni.
Perché non partecipare attivamente alla campagna arricchendo in prima persona il sito web? Se interessati, iscrivetevi al sito www.svizzera-variopinta.ch e contribuite anche voi alla realizzazione di questa campagna!