« Giocare il derby ticinese di hockey è un privilegio » dichiarava il coach del Lugano Patrick Fischer qualche minuto prima del fischio d’inizio del duecentesimo derby stagionale giocatosi il 22 novembre 2014 e vinto dal Lugano alla Resega. La sfida cantonale è stata al centro dell’attenzione mediatica nei giorni successivi la partita. Tra battaglie dentro e fuori dal ghiaccio, pubblicazioni e documentari, ripensiamo a un confronto tutto ticinese che affascina ed emoziona da più di cinquant’anni.
Dal 1964 il ghiaccio della Resega e della Valascia infiamma i cuori dei tifosi ticinesi. Passano gli anni, gli attori cambiano, ma il derby ticinese continua a piacere perché rappresenta lo specchio in cui tutti i ticinesi possono vedere riflessa la loro vera immagine: quell’orgogliosa unicità che li contraddistingue dal resto della Svizzera e dalla vicina Italia.
Il derby è fatto di passioni e contrapposizioni: città e montagna, ricco e povero. Stereotipi che spingono a schierarsi a tal punto che quando due ticinesi si incontrano nel mondo, non può mancare la domanda: “Ambrì o Lugano?”. Chi non conosce il derby può pensare: “è solo una partita, che sarà mai?” Allora di duecento incontri ne raccontiamo uno.
Mille metri sopra il livello del mare, Pista Valascia, incastonata nel fianco della montagna nel mezzo della Val Leventina. Meno undici gradi in una normale serata di novembre. Chi è stato almeno una volta alla Valascia – sinonimo dialettale di “valanga” – non può non aver provato una particolare sensazione di calore, nonostante in pieno inverno la temperatura resti quasi sempre sotto lo zero. La pista è aperta verso nord e verso sud, tanto da poter assistere al tramonto sulle montagne in autunno e vedere la neve che cade nei mesi invernali. L’aria che passa sotto la cupola fa rabbrividire, ma la vera pelle d’oca la provocano le Curve con i loro canti sfrenati che rimbombano contro la montagna e si espandono nella valle.
La peculiarità principale del derby è rappresentata dal “tutto esaurito” e dall’atmosfera incandescente creata dal pubblico. Nel suo libro Il resto della Settimana, Maurizio de Giovanni definisce le curve come «una via di mezzo tra la giungla amazzonica e la Striscia di Gaza». In effetti in curva – sia ad Ambrì che a Lugano – l’aria è composta per il sessanta per cento dal fumo di sigarette accese, per il trenta dalla puzza di sudore e per il dieci da marijuana di pessima qualità. L’entrata in pista degli arbitri è accompagnata da fischi assordanti, nell’unico momento in cui le tifoserie rivali, la Gioventù BiancoBlù e i Ragazzi della Nord, condividono lo stesso ironico disdegno.
Dal fischio d’inizio alla sirena finale, l’intero pubblico non smette di cantare, incitando i propri beniamini anche a costo di rimetterci la voce. Chi segue il derby in curva rincasa esausto e infreddolito, pieno di lividi per le sgomitate nei momenti di gioia dopo una rete, con le orecchie che rimbombano di cori e bestemmie e accusando per giorni un senso di straniamento. Quando si entra in pista i valori del mondo esterno vengono sospesi e ci si fa largo tra coreografie, bandiere raffiguranti eroi rivoluzionari e striscioni. Gli amici di fede sportiva rivale si lasciano all’entrata con una stretta di mano e con un augurio di “buona sfortuna”. Ciascuno sa che a fine serata dovrà subire le provocazioni del vincitore.
Le ragioni alla base della rivalità risiedono nel contesto storico del Ticino: la divisione culturale tra sopra e sotto-Ceneri, monte che separa il Ticino rurale dalla regione urbana. La città di Lugano, fulcro economico sotto-cenerino, rappresenta la terza piazza finanziaria in Svizzera dopo Zurigo e Ginevra. Nel 1978 l’Hockey Club Lugano (HCL), fino ad allora squadra minore del Cantone, stringe un sodalizio con l’ingegnere e imprenditore Geo Mantegazza. Il neo-presidente, che diventerà un importante personaggio dell’hockey svizzero, porterà onore e ingenti finanziamenti al club cittadino. A partire dal 1981, il Lugano colleziona una serie di successi che lo spingeranno alla conquista di ben sette titoli nazionali che conferiranno al club l’etichetta di Grande Lugano.
Settanta chilometri più a nord, tra le aspre cime del massiccio del Gottardo, troviamo invece una regione rurale che si oppone all’avanzata del progresso economico con la forza della tradizione rappresentando il cuore e i valori della realtà hockeystica ticinese. Sostenuto da migliaia di tifosi che in ogni occasione accorrono sotto le volte della Valascia, il Club della Montagna si è costruito negli anni l’immagine di piccola realtà sportiva locale che tiene testa alle più ricche squadre di città. Quest’immagine un po’ romantica e un po’ ribelle non è tuttavia sufficiente per conferire al club il titolo di campione. Perennemente inguaiato finanziariamente, salvato dalla bancarotta grazie alle frequenti donazioni dei tifosi, il club non ha ancora vinto un titolo svizzero. Dalla storica sconfitta nella finale del 1999 contro i “cugini”, l’Ambrì conoscerà un periodo di difficoltà che prosegue tuttora. Le emozioni dei tifosi colpiscono anche i giocatori che, concentrati e con la grinta nel cuore, alzano il ritmo del gioco rendendo il derby una delle migliori sfide dell’intera Lega Nazionale.
Giocare e assistere al derby è davvero un privilegio. Oggi possiamo riassaporarne l’atmosfera sfogliando le pagine del libro 200 Derby, pubblicato dai giornalisti sportivi Piergiorgio Giambonini e Flavio Viglezio, oppure accomodandoci in poltrona davanti ai documentari realizzati in novembre dalla RSI. Queste opere, che celebrano le duecento tappe dell’ineguagliabile storia delle sfide hockeistiche cantonali, sapranno deliziare il Canton Ticino, aspettando il giorno in cui una “ticinese” possa innalzare ancora una volta la coppa di Campione Svizzero.