di CHARLOTTE TRON
Daniel Maggetti è professore ordinario presso la sezione di Francese dell’Università di Losanna. Nato nel 1961 in Ticino, vi rimane fino al debutto dei suoi studi universitari a Losanna presso la facoltà di lettere. Nel 1995 pubblica la sua tesi di dottorato presso la casa editrice Payot: L’Invention de la littérature romande (1830-1910). Maggetti ha collaborato con diversi progetti di ricerca e assunto la carica di segretario di redazione della Histoire de la littérature en Suisse romande diretta da Roger Francillon. Dal 2003 Maggetti è nominato professore ordinario di letteratura romanda e francofona a Losanna e assume anche la carica di direttore del centro di ricerca sulle lettere romande. Accanto alla sua carriera di studioso, coltiva un vivo interesse per l’arte della scrittura e ha pubblicato diversi libri e una raccolta di poesie, ricevendo nel 2007 il Prix Lipp Suisse per il romanzo Les Créatures du Bon Dieu, (Plein-vents, Empreintes, 2000).
Attualmente il Professore Maggetti si occupa di riunire le opere complete del poeta romando Gustave Roud in vista di un’edizione critica.
L’intervista s’interesserà del ruolo accademico di Maggetti, del suo percorso, della passione che lo spinge ad approfondire e a elaborare articoli scientifici e opere letterarie in una lingua di adozione.
- La Poesia di Gustave Roud è una lirica che incarna la solitudine e l’alienazione del singolo nel mondo. Il Poeta crea una stretta relazione con il paesaggio che gli permette di avere una totale percezione della realtà. Come si è interessato, Professor Maggetti, all’opera di Roud?
“M’interessai alla poesia di Gustave Roud innanzitutto leggendolo durante i miei studi. In seguito mi appassionai anche al suo ruolo di operatore culturale, di critico in molti ambiti artistici, e di fotografo. Gustave Roud dunque è sempre stata una figura presente nei miei pensieri e quando sono riuscito a studiare il suo archivio, nel centro di ricerche sulle lettere romande, ho potuto ancor di più approfondire la sua conoscenza. ”
- Gustave Roud fece sua un’affermazione di Novalis: “Il paradiso è disperso su tutta la terra… bisogna riunire i suoi frammenti sparsi” (« Le paradis est dispersé sur toute la terre… Il faut réunir ses traits épars»). Roud chiamava “Paradiso umano” quella particolare ricerca del hic et nunc, quel legame sacro tra l’individuo e il momento presente. Nell’introduzione alla sua edizione critica metterà un particolare accento alle influenze straniere, e in particolar modo francesi, che il poeta romando ebbe modo di assimilare nella sua lirica?
“Roud è chiaramente tributario alla tradizione francese e in particolare, nella giovinezza, a quella moderna di Mallarmé e Rimbaud ma anche Baudelaire e in parte Valéry. C’è anche in Roud l’influenza di testi in lingua non francese e in particolare legati al romanticismo tedesco. Infatti Roud fu un traduttore, ad esempio delle opere di Novalis. La frase di Novalis che lei mi cita corrisponde a come Roud percepiva il mondo. L’estetica di Roud si capisce dunque anche attraverso prestiti da altri autori che gli hanno permesso di definire la sua poetica . ”
- A differenza di altri poeti svizzeri del XIX secolo, Gustave Roud sviluppò una poesia meno incentrata sull’idillismo e più sulla tensione presente tra l’uomo e il sentimento di completezza. Che influenza ebbe la sua visione poetica sulla poesia svizzera che seguì ?
“La poesia svizzera è stata per gran parte del XX° secolo incentrata sul il rapporto con la natura, non proprio un idillismo ma un’attrazione molto forte di fronte al contesto paesaggistico. L’influenza di Roud è stata importante non tanto nella forma poetica ma soprattutto per il ruolo del poeta. Penso che Roud, dagli anni ’40 fino ai ’70, abbia incarnato l’archetipo del poeta. Roud è stato dunque un punto di riferimento della vita poetica per le generazioni future di poeti romandi. ”
- Gustave Round non coltivò solo un interesse letterario, la passione della fotografia lo accompagnò per tutta la vita. Crede che la lirica di Roud sia visibile nelle sue fotografie?
“È difficile avere una visione globale dell’opera fotografica di Roud, perché, dopo la sua morte avvenuta nel 1956, è stata molto trascurata e ci si è interessati molto delle sue opere letterarie. Si consideravano le sue fotografie come uno strumento meno essenziale per comprenderne la figura. Questo anche perché per alcuni critici dell’epoca certe fotografie di Roud erano scandalose, perché manifestavano la tendenza omossessuale del poeta. Questa produzione “scandalosa” costituisce in realtà una parte infima rispetto a tutto il resto delle sue fotografie. Purtroppo però la produzione era stata mal catalogata e non si conoscevano tutti i pezzi. È difficile fare attualmente un discorso chiaro sulla poesia di Roud. Egli in parte cercò di tradurre il suo sguardo poetico nella fotografia ma fu anche un fotografo d’occasione, per le cresime e le comunioni. Dunque l’insieme del fondo fotografico presenta sia aneddoti quotidiani sia trasposizioni poetiche e sperimentazioni artistiche. Secondo me c’è sicuramente una parte che può servire come materiale da associare alla poesia di Roud ma è ancora un ambito da esplorare.”
- Il suo interesse per la poesia e la letteratura romanda risale agli studi universitari o ebbe modo di conoscerla già prima?
“Iniziò qui a Losanna. Quando cominciai l’Università non avevo mai letto autori romandi. Fu l’Università, grazie ai suoi corsi, che mi permise di conoscere questo campo e di farmelo amare e approfondire sempre di più. ”
- Quando iniziò i suoi studi a Losanna entrò subito in stretto contatto con la cultura romanda o fu un avvicinamento progressivo?
“Fu una fusione progressiva ma comunque rapida. Grazie ai corsi, via via sempre più approfonditi sulla letteratura romanda e a un forte scambio intellettuale tra studenti, conobbi una cultura e una letteratura che non conoscevo e che mi affascinava molto. Prima che finissi gli studi mi trovai nella gestione di una rivista letteraria, Ecriture, e lì fui implicato nella vita letteraria e culturale locale. All’Università gettai le basi per una conoscenza storico-letteraria del contesto romando e poi nelle attività annesse mi occupavo più della realtà letteraria contemporanea.”
- Ha mai fatto un confronto fra la cultura letteraria ticinese, d’impronta italiana, e quella romanda? Nota dei punti d’incontro?
“Ho fatto alcuni confronti su opere o testi tra la letteratura romanda e quelle ticinese, ad esempio tra Charles-Ferdinand Ramuz e Plinio Martini nei quali vedo degli interessanti punti di incontro. Per il resto credo che il peso della tradizione romanda abbia un’autonomia e una tradizione storica più approfondita rispetto a quella ticinese. Per dirlo in altri termini, la tradizione romanda comincia con la riforma protestante e grazie anche allo sviluppo di centri urbani importanti diversamente da quanto avveniva in Ticino. Nei rapporti tra l’Italia e il Ticino ci sono molte analogie, come tra la Francia e la Svizzera romanda, però quest’ultima in un determinato periodo ha potuto sviluppare un’autonomia maggiore.”
- Il suo rapporto con la lingua e la cultura francofona si basa solo sulla sua esperienza in Svizzera o ha potuto svilupparlo anche in Francia?
“Anche in Francia, a Parigi, ho potuto approfittare della tradizione letteraria francese e ho sempre avuto dei contatti francesi. È importante sottolineare che uno studio approfondito della letteratura romanda non può prescindere dalla conoscenza completa della letteratura francese. La letteratura romanda rimane un ambito particolare in seno alla francofonia e alla sua grande tradizione. ”
- È stato per lei difficile entrare in un campo accademico normalmente occupato soprattutto da studiosi di madrelingua francese e di cultura romanda?
“Non particolarmente. All’inizio del mio percorso ci fu un po’ d’insicurezza nell’inserirmi in un contesto e in una cultura differenti. Ciò si tradusse in un investimento maggiore per il bisogno di conquistarmi una lingua. La conquista di una lingua, e dunque anche di una scrittura, è uno sforzo che ho amato fare, perché questo implica un distacco critico e un approfondimento delle sue forme che è difficile avere con una lingua materna. L’immersione nella cultura romanda mi ha anche permesso di avviare questo processo di “conquista”.”
- Le pongo un’ultima domanda ancora a carattere personale. Pensando alla sua terra natale, il Ticino, e quella d’adozione, la Svizzera Romanda e il Cantone Vaud, come li concepisce e associa dentro di sé?
“Ci sono molte realtà vodesi nelle quali mi riconosco e che apprezzo ma non mi sento comunque di qui. Vivo bene nel cantone ma non è la mia terra. In Ticino ho dei legami stretti più che altro nella realtà geografica. Io mi sento soprattutto svizzero. La compresenza in Svizzera di varie lingue e culture la trovo stimolante e secondo me impedisce la trappola identitaria dei vari cantoni chiusi su sé stessi. Personalmente sono portato a relativizzare sempre la mia identità e ad avere uno sguardo critico su di essa; penso che sia preferibile questo sentimento a quello di un attaccamento eccessivo a un dato territorio. Ad esempio il mio interesse per la letteratura romanda è una passione che mi ha spinto a essere promotore di un elemento per me non identitario. Durante gli studi universitari bisognerebbe sviluppare un senso critico che ci aiuti a comprendere i fondamenti della nostra identità e a renderci conto che se siamo troppo coinvolti di conseguenza risultiamo meno oggettivi e razionali.”
Per ulteriori informazioni:
Daniel Maggetti: https://www.unil.ch/fra/fr/home/menuguid/litterature-moderne/recherche/poles-de-recherches/genetique-et-edition-de-text/daniel-maggetti.html
Gustave Roud : http://www.gustave-roud.ch/accueil/