di ELIAS BERNASCONI
Roberto Alajmo è un giornalista e scrittore italiano, e dal 2013 ricopre anche il ruolo di direttore dell’Ente Teatro Biondo Stabile di Palermo. Nella sua carriera letteraria ha ottenuto il secondo posto al premio Strega e al premio Selezione Campiello con il romanzo Cuore di madre (Mondadori, 2003), mentre il libro È stato il figlio (Mondadori, 2005) – vincitore del premio Super Vittorini, premio Super Comisso, premio Dessì e finalista al premio Viareggio – è stato trasposto cinematograficamente in un film omonimo diretto da Daniele Ciprì e interpretato da Toni Servillo. A tre anni di distanza dal suo ultimo libro, Il primo amore non si scorda mai, anche volendo (Mondadori, 2013), Roberto Alajmo pubblica il suo nuovo romanzo, Carne mia.
Con il presente racconto, l’autore porta il lettore nelle contrade e nei borghi della sua città natale, Palermo; ed è proprio dal Borgo Vecchio degli anni Novanta che la vicenda ha inizio, con la scomparsa nel nulla del padre di famiglia Calogero Montana. Il venditore di frutta una sera non fa più rientro a casa, e neppure le insistenti domande dei suoi due figli riescono a scalfire il muro di omertà che si erge attorno la sparizione. Una cosa è certa a tutti: quando si tratta di mafia, è meglio non fare troppe domande. In questo aspetto il romanzo sembra riprendere quelle che sono le ambientazioni tipiche della letteratura giallistica siciliana, dominata dai libri di Andrea Camilleri, celebre per i casi de Il commissario Montalbano. E così la vita della madre Mela, del primogenito Enzo e del secondogenito Franco continua, mandano avanti la bancarella di frutta del padre. I rapporti tra Enzo e il resto della famiglia si deteriorano però piuttosto velocemente, e l’onnipresenza della ragazza di Enzo, Ivana, non fa che peggiorare la situazione, rendendo impossibile la convivenza famigliare. Come se non bastasse, i due giovani ribelli sembrano entrare in un brutto giro fatto di droga, cattive compagnie e ripetuti furti di denaro dalla camera dell’arrendevole Mela.
Dopo l’ennesimo litigio con Enzo, i due lasciano la casa per trasferirsi in un monolocale. I rapporti con la madre e il fratello si intensificano nuovamente quando nasce il figlio della coppia, Calò, che prende il nome dal nonno scomparso. Ma la pace dura poco, e in breve tempo ricominciano i conflitti. L’autore ha la capacità di descrivere nel dettaglio le dinamiche familiari sempre più portate all’estremo, e spinge il lettore nella testa soprattutto di Franco, che dopo gli innumerevoli soprusi ai quali ha assistito negli anni non riesce a tollerare anche le prove delle violenze sul piccolo Calò. Proprio queste ultime sono la goccia che fa traboccare il vaso, e la famiglia Montana viene scossa da un altro evento sconvolgente: Enzo e Ivana vengono massacrati nella loro abitazione. L’unico superstite è il piccolo Calò, del quale Mela e Franco si prendono immediatamente cura.
Prima che la polizia indaghi troppo a fondo, la famiglia decide che l’unica cosa da fare è partire per la Spagna. È qui che Roberto Alajmo riesce a dipingere tutta la soffocante pressione sociale di una città come Palermo, che risente fortemente dell’influenza mafiosa, in particolare del macellaio del borgo, il signor Pino. Il capofamiglia Franco decide dunque di trasferirsi con tutta la famiglia a Murcia, dove i Montana vengono accolti da un vecchio amico di famiglia, il signor Angelo. Qui le cose sembrano finalmente rientrare nella normalità, e il nucleo famigliare si salda grazie anche al matrimonio di Franco con Helena, e alla seguente nascita di Kevin. Ma con il passare degli anni, le domande di Calò sul suo passato si fanno sempre più esasperanti, e gli adulti faticano a dargli delle risposte convincenti. In questa seconda parte del racconto, quella che ha sostanzialmente inizio con la nuova vita della famiglia in terra spagnola, il narratore si concentra sulla crescita problematica di Calò, che oltre a scontrarsi sempre più di frequente con la madre adottiva Helena, perde sempre più la fiducia che ha sempre riposto nella nonna Mela e in quello che lui crede essere suo padre biologico, Franco.
Le descrizioni approfondite delle dinamiche e delle emozioni che condizionano la famiglia Montana rivelano la grande capacità di Roberto Alajmo di saper portare il lettore nella testa e nella pancia dei personaggi che animano la vicenda, che non perde mai di concretezza. È questa la forza del libro: la sua trama psicologica. E il passato è destinato a tornare, proprio quando nessuno se lo aspetta, e a turbare profondamente l’equilibrio della famiglia Montana, ancora una volta.
Roberto Alajmo, Carne mia, Sellerio Editore, Palermo, 2016.
Prezzo: 16,00 euro.