di FRANCESCO FIORENTINO
Imprenditore edile prima, genio della televisione poi, infine politico di successo, anzi, il più longevo presidente del Consiglio nella storia della Repubblica italiana. Silvio Berlusconi è stato, per i suoi adulatori (molti) e amici (pochi), tutto questo e molto altro. Per i suoi detrattori, invece, è stato molto più semplicemente un impresentabile, o peggio un criminale. Leggendo l’ultimo libro di Gianni Barbacetto, Una storia italiana, sua ultima pubblicazione per Chiarelettere dopo Mani Pulite: La vera storia (2022) e La beatificazione di Craxi (2020), è difficile non convenire con la seconda categoria. Infatti, più scorrono le pagine e più il libro assume, verrebbe da dire inevitabilmente, i tratti precisi di quel «catalogo di opzioni» che, come scrisse ormai dieci anni fa Peter Gomez in occasione della condanna per frode fiscale inflitta all’ex-Cavaliere nell’ambito del Processo Mediaset, era per Berlusconi il codice penale.
In realtà non sono le inchieste e le condanne a suo carico, la maggioranza delle quali note a gran parte dell’opinione pubblica, a rendere il libro interessante e meritevole di una (attenta) lettura. Barbacetto non si limita a ripercorrere accuratamente i fatti più rilevanti della movimentata (in tutti i sensi) vita del fondatore di Mediaset e tre volte premier, dai suoi primi affari imprenditoriali fino alla recente quanto indecorosa corsa alla presidenza della Repubblica: racconta i suoi ultimi anni di politica, durante i quali il ruolo suo e di Forza Italia sono diventati sempre più marginali nel campo della destra e della politica italiana in generale, anche a causa della precisa volontà di Berlusconi di ostacolare l’ascesa di ogni suo possibile successore alla guida del partito (i vari Alfano, Toti, Carfagna); inoltre, rende noto per la prima volta il pagamento da parte di Berlusconi di una tangente da 200 milioni di lire al PSDI avvenuto nel 1992. Tangente che se scoperta avrebbe presumibilmente ucciso anzitempo le ambizioni politiche dell’imprenditore.
Da giornalista, Barbacetto non manca di sottolineare quanto la stampa italiana abbia contribuito a prolungare la vita politica di un uomo dalla riconosciuta «particolare capacità a delinquere»: da un lato, scegliendo di occuparsi di aspetti meno dirimenti della figura di Berlusconi (come la sua vita privata e le cosiddette “cene eleganti”) invece di evidenziare la sua assoluta incompatibilità con qualsiasi tipo di incarico elettivo per via delle gravissime accuse giudiziarie a suo carico (quali, fra le tante, la frode fiscale, la compravendita di senatori, i rapporti con la mafia palermitana); dall’altro agendo attivamente in favore dell’ex-Cavaliere con vere e proprie campagne di stampa, come nel caso del «Watergate italiano» riguardante la pubblicazione su Il Giornale di una conversazione segreta tra il segretario dei DS Piero Fassino e il presidente di Unipol Giovanni Consorte o di quello, decisamente meno edificante, sviluppatosi attorno alla diciassettenne Karima El Mahroug detta Ruby, passata alla storia come la «nipote di Mubarak».
In generale, il libro delinea il ritratto di Berlusconi come di un uomo intimamente ambizioso e per certi versi visionario (sicuramente capace di vedere al di là dei limiti imposti dalla legge), che ha fin da subito cercato il potere, nel doppio senso dell’espressione: ha dapprima cercato appoggi e referenti – nella mafia, nella massoneria e nella politica – per farsi spazio nel mondo dell’edilizia e delle telecomunicazioni, per poi entrare lui stesso nella stanza dei bottoni ad adempiere personalmente ai suoi interessi.
Volendo fare un parallelo con l’attuale situazione politica del Paese, Berlusconi è ben lontano dall’immagine dell’underdog della quale può vantarsi, fino ad un certo punto, Giorgia Meloni, divenuta presidente del Consiglio al culmine di un percorso decennale di costruzione del consenso. La personalità sfaccettata di Berlusconi emerge solo in rari ma memorabili momenti, cristallizzati dalle intercettazioni. Tra queste l’imprescindibile “telefonata di Capodanno” (p.37), imprescindibile perché se non altro rappresenta pienamente cosa sia stato l’amore per Silvio Berlusconi: da una parte le donne, dall’altra Marcello Dell’Utri.
Indimenticabile nella sua tragicità il “pianto sotto la doccia” (p.85), per il quale piangeremmo tutti a nostra volta se solo non si parlasse della commistione tra mafia e politica. Stesso tema dell’ormai leggendaria “bomba rispettosa” (p.190), la più tragicomica fra tutte le intercettazioni dei compari Berlusconi-Dell’Utri, nella quale un chiaro segnale estorsivo da parte di alcuni esponenti mafiosi diventa oggetto di leggerezza e grasse risate. Su Berlusconi centinaia di libri sono stati scritti, e altre centinaia saranno scritti: eppure credo convintamente che Una storia italiana di Gianni Barbacetto sia destinata a diventare, per i motivi riportati sopra, un’opera importante per valutare storicamente e criticamente il berlusconismo, in particolare in assenza di Berlusconi stesso.
Di Francesco Fiorentino