Alla scoperta di meraviglie ipogee: quel che il Ticino ancora nasconde
Intervista a Sergio Veri, speleologo per passione

Il torques: oggetto mistico risalente al Bronzo antico
Il torques: oggetto mistico risalente al Bronzo antico

di SHEEILY VERI

Sergio Veri, appassionato di speleologia, ci racconta il suo percorso tra le montagne e le grotte del Canton Ticino (e non solo), nelle quali ha individuato alcuni reperti archeologici e resti faunistici, di cui alcuni risalenti anche all’Età del Bronzo.

Dalla passione per la montagna come è sorto questo interesse per l’esplorazione delle cavità sotterranee? Quante grotte ha visitato sino ad ora?

Il desiderio di esplorazione e conoscenza mi ha automaticamente indirizzato verso ambienti completamente sconosciuti ed incontaminati. Nel corso di ormai una dozzina d’anni, la passione per la montagna mi ha portato a raggiungere un migliaio di vette e a visitare centinaia di grotte sparse in Ticino, oltre il Gottardo e in territorio italiano. Ho avuto, inoltre, il privilegio di visitare alcune cavità all’interno della foresta tropicale, nella Repubblica Dominicana, presso il Mar dei Caraibi. Tali grotte, di difficile accesso, celano all’interno numerose incisioni e pitture rupestri del periodo preispanico: sono silenziose testimonianze degli indios Taíno, popolazione che occupò l’isola a partire dal 2500 a.C. fino ai primi decenni del 1500 d.C., quando scomparirono in seguito all’arrivo degli europei.

Si ricorda ancora la prima esplorazione che ha effettuato? Come si è preparato?

Ho iniziato esplorando cavità note, già conosciute: in questo modo si apprendono le prime indispensabili nozioni sulle molteplici particolarità del mondo sotterraneo come il terreno geologico, la morfologia della roccia, i minerali, la formazione degli speleotemi (ossia, depositi minerali che possono dare origine a stalagmiti e stalattiti), la climatologia delle grotte, la storia geologica e i processi carsici.

Le mie prime esplorazioni ipogee, a partire dal 2006, le ho effettuate a due passi da casa, a Mitra del Vescovo, sul Monte San Giorgio. Si tratta di piccole ma interessanti cavità ricche di fauna ipogea, dove nel 2017 ho censito, per il Museo di storia naturale, l’unico esemplare presente in Svizzera di cavalletta grotticola della specie dolichopoda geniculata, varietà originariamente distribuita nell’Italia centro-meridionale.

Quali sono state le grotte più ardue e pericolose da esplorare? Come ha affrontato la sfida?

Le selettive strettoie e i vertiginosi pozzi verticali costituiscono generalmente gli ostacoli più ardui. Oltre a ciò, anche le condizioni ambientali (freddo, umidità, fango, …) possono costituire un rischio  importante. E bisogna fare attenzione anche ai cambiamenti repentini delle condizioni atmosferiche, che ed esempio possono provocare piene improvvise. Solitamente le difficoltà vengono affrontate (e non sempre superate) grazie all’esperienza, la pazienza ed a un equipaggiamento moderno, adeguato. Alla fine, occorre comunque saggiamente ribadire che rinunciare è, in molti casi, la migliore soluzione.

L’utilizzazione delle grotte da parte dell’uomo è antichissima. Sino ad oggi ha rinvenuto dei reperti archeologici? È stato possibile datarli?

Due anni orsono, sul Monte Generoso, alla base di una parete rocciosa, notai una piccola apertura, impercorribile, dalla quale usciva una forte corrente d’aria. Osservando l’interno si poteva solo intuire l’esistenza di ambienti più grandi. Dopo una breve ma importante disostruzione, strisciando per pochi metri, mi ritrovai all’interno di una grande caverna il cui ingresso principale venne ostruito, in epoca remota, da una gigantesca frana. Scendendo in una galleria inferiore, in una nicchia laterale, sopra un piccolo ripiano, trovai un collare in bronzo perfettamente intatto: il torques, oggetto mistico, per le popolazioni preistoriche rappresentava molto di più di un semplice gioiello. Secondo gli archeologi dell’Ufficio dei beni culturali di Bellinzona, il reperto è tipologicamente databile al Bronzo antico. Sempre nella medesima grotta trovai nel suolo una lama-raschiatoio in selce: alla prova dei fatti, dall’ultima frequentazione umana, erano trascorsi 4000 anni.

Recentemente, in territorio italiano, sopra la volta di una caverna, probabilmente sino ad ora inesplorata, ho trovato, semisepolta nel terreno, una statuetta in pietra raffigurante un orso. Il reperto sarà prossimamente oggetto di studio da parte degli uffici competenti.

Inoltre, recentemente, in una grotta ha rinvenuto anche dei resti faunistici. Me ne parli.

Sul Monte Generoso, nella grotta appena citata, ho trovato alcune ossa di origine animale che, in collaborazione con il Museo cantonale di storia naturale, sono state inviate all’Istituto svizzero per lo studio del carsismo e al laboratorio archeozoologico dell’Università di Neuchâtel. I risultati degli studi hanno stabilito che si trattava di animali domestici: ossa di capra, pecora, cavallo e bue. Inoltre, sono state censite 5 specie diverse di pipistrello. In seguito, sempre all’interno, in due diverse sale, ho scoperto due scheletri di serpenti. Da una vertebra è stata quindi eseguita una datazione al carbonio-14 presso il Politecnico federale di Zurigo ed i risultati hanno stabilito che risale a un periodo compreso tra il 1261 e il 1298 d.C. Attualmente, risulta impossibile stabilire se la presenza dei serpenti è dovuta a cause naturali (ad esempio dovuta a passaggi attraverso fessure o al trasporto da parte di altri mammiferi) oppure all’ introduzione volontaria da parte dell’uomo. Sergio Veri, appassionato di speleologia, ci racconta il suo percorso tra le montagne e le grotte del Canton Ticino (e non solo), nelle quali ha individuato alcuni reperti archeologici e resti faunistici, di cui alcuni risalenti anche all’Età del Bronzo.

Dalla passione per la montagna come è sorto questo interesse per l’esplorazione delle cavità sotterranee? Quante grotte ha visitato sino ad ora?

Il desiderio di esplorazione e conoscenza mi ha automaticamente indirizzato verso ambienti completamente sconosciuti ed incontaminati. Nel corso di ormai una dozzina d’anni, la passione per la montagna mi ha portato a raggiungere un migliaio di vette e a visitare centinaia di grotte sparse in Ticino, oltre il Gottardo e in territorio italiano. Ho avuto, inoltre, il privilegio di visitare alcune cavità all’interno della foresta tropicale, nella Repubblica Dominicana, presso il Mar dei Caraibi. Tali grotte, di difficile accesso, celano all’interno numerose incisioni e pitture rupestri del periodo preispanico: sono silenziose testimonianze degli indios Taíno, popolazione che occupò l’isola a partire dal 2500 a.C. fino ai primi decenni del 1500 d.C., quando scomparirono in seguito all’arrivo degli europei.

Si ricorda ancora la prima esplorazione che ha effettuato? Come si è preparato?

Ho iniziato esplorando cavità note, già conosciute: in questo modo si apprendono le prime indispensabili nozioni sulle molteplici particolarità del mondo sotterraneo come il terreno geologico, la morfologia della roccia, i minerali, la formazione degli speleotemi (ossia, depositi minerali che possono dare origine a stalagmiti e stalattiti), la climatologia delle grotte, la storia geologica e i processi carsici.

Le mie prime esplorazioni ipogee, a partire dal 2006, le ho effettuate a due passi da casa, a Mitra del Vescovo, sul Monte San Giorgio. Si tratta di piccole ma interessanti cavità ricche di fauna ipogea, dove nel 2017 ho censito, per il Museo di storia naturale, l’unico esemplare presente in Svizzera di cavalletta grotticola della specie dolichopoda geniculata, varietà originariamente distribuita nell’Italia centro-meridionale.

Quali sono state le grotte più ardue e pericolose da esplorare? Come ha affrontato la sfida?

Le selettive strettoie e i vertiginosi pozzi verticali costituiscono generalmente gli ostacoli più ardui. Oltre a ciò, anche le condizioni ambientali (freddo, umidità, fango, …) possono costituire un rischio  importante. E bisogna fare attenzione anche ai cambiamenti repentini delle condizioni atmosferiche, che ed esempio possono provocare piene improvvise. Solitamente le difficoltà vengono affrontate (e non sempre superate) grazie all’esperienza, la pazienza ed a un equipaggiamento moderno, adeguato. Alla fine, occorre comunque saggiamente ribadire che rinunciare è, in molti casi, la migliore soluzione.

L’utilizzazione delle grotte da parte dell’uomo è antichissima. Sino ad oggi ha rinvenuto dei reperti archeologici? È stato possibile datarli?

Due anni orsono, sul Monte Generoso, alla base di una parete rocciosa, notai una piccola apertura, impercorribile, dalla quale usciva una forte corrente d’aria. Osservando l’interno si poteva solo intuire l’esistenza di ambienti più grandi. Dopo una breve ma importante disostruzione, strisciando per pochi metri, mi ritrovai all’interno di una grande caverna il cui ingresso principale venne ostruito, in epoca remota, da una gigantesca frana. Scendendo in una galleria inferiore, in una nicchia laterale, sopra un piccolo ripiano, trovai un collare in bronzo perfettamente intatto: il torques, oggetto mistico, per le popolazioni preistoriche rappresentava molto di più di un semplice gioiello. Secondo gli archeologi dell’Ufficio dei beni culturali di Bellinzona, il reperto è tipologicamente databile al Bronzo antico. Sempre nella medesima grotta trovai nel suolo una lama-raschiatoio in selce: alla prova dei fatti, dall’ultima frequentazione umana, erano trascorsi 4000 anni.

Recentemente, in territorio italiano, sopra la volta di una caverna, probabilmente sino ad ora inesplorata, ho trovato, semisepolta nel terreno, una statuetta in pietra raffigurante un orso. Il reperto sarà prossimamente oggetto di studio da parte degli uffici competenti.

Inoltre, recentemente, in una grotta ha rinvenuto anche dei resti faunistici. Me ne parli.

Sul Monte Generoso, nella grotta appena citata, ho trovato alcune ossa di origine animale che, in collaborazione con il Museo cantonale di storia naturale, sono state inviate all’Istituto svizzero per lo studio del carsismo e al laboratorio archeozoologico dell’Università di Neuchâtel. I risultati degli studi hanno stabilito che si trattava di animali domestici: ossa di capra, pecora, cavallo e bue. Inoltre, sono state censite 5 specie diverse di pipistrello. In seguito, sempre all’interno, in due diverse sale, ho scoperto due scheletri di serpenti. Da una vertebra è stata quindi eseguita una datazione al carbonio-14 presso il Politecnico federale di Zurigo ed i risultati hanno stabilito che risale a un periodo compreso tra il 1261 e il 1298 d.C. Attualmente, risulta impossibile stabilire se la presenza dei serpenti è dovuta a cause naturali (ad esempio dovuta a passaggi attraverso fessure o al trasporto da parte di altri mammiferi) oppure all’ introduzione volontaria da parte dell’uomo. Se valesse quest’ultima ipotesi si potrebbe supporre che la cavità sia stata accessibile per diverse migliaia di anni e abbia potuto ospitare rituali in tempi diversi, dall’Età del Bronzo al Medioevo, prima che una frana chiudesse definitivamente l’ingresso.

Nel 2012 ha pubblicato un libro e ha anche aperto un sito web che offre un elenco delle grotte da lei visitate ed in cui è possibile vedere le immagini delle sue ricerche. Cosa lo ha spinto a portare avanti questi progetti?

Ho voluto divulgare e condividere le mie esperienze affinché tutti possano cogliere la bellezza della natura.  Il sito web sulla speleologia nasce dall’esigenza di fornire un elenco sistematico delle grotte esplorate nelle diverse regioni. La divulgazione dovrebbe facilitare l’interscambio dei dati raccolti ed è un utile strumento a salvaguardia dei nomi di coloro che hanno compiuto le scoperte, le ricerche e le attività sul campo.

Il libro Montagne bianche e rocce argentate illustra e descrive la straordinaria varietà del paesaggio alpino. Nell’alternarsi delle stagioni, capitolo dopo capitolo, cattedrali di roccia, vertiginosi strapiombi, ghiacci e nevi eterne, desolate e solitarie distese di pietre sfilano tra cielo e terra nella loro immutata bellezza. In montagna, le alte quote consentono di contemplare spazi e territori infiniti e la speleologia invita a guardare oltre tutta questa meraviglia, ad ampliare le proprie conoscenze e oltrepassare le frontiere dell’ignoto, inoltrandosi in un piccolo o grande mondo ancora inesplorato.