Madeleine Läubli: come mi innamorai di Max, dell’arte e del Ticino
Dopo la scomparsa del marito, l'artista si racconta nella sua casa di Claro

di MATILDE CASARI

Dopo aver trascorso un pomeriggio con Madeleine Läubli, moglie dell’artista svizzero Max Läubli, morto a gennaio dello scorso anno, ho avuto conferma che le cose importanti per vivere sono davvero poche. Amore e passione sono sufficienti per una vita piena e felice. Potrebbero sembrare aspetti banali e scontati, ma in realtà sono dei pilastri sui quali costruire la propria vita.

Max Läubli, di origini basilesi, ha trascorso lunghi periodi della sua infanzia nelle vigne sopra Gudo. Madeleine mi racconta che suo marito ha sempre avuto dei bei ricordi del Ticino e ricorda anche quanto fosse diverso rispetto ad oggi: era un paese rurale, segnato dalla vita contadina, dove le persone erano povere. Ci si recava al mercato a piedi e si produceva da sé ciò di cui si aveva bisogno per vivere.

Affascinato dalla “regione in mezzo alla natura”, così definivano il Ticino, Max si era trasferito inizialmente ad Orselina, comune sopra Locarno, dove grazie ai risparmi accumulati svolgendo dei lavori come grafico era riuscito a comprarsi una cascina. Prima di abitare in questa cascina aveva vissuto nel suo atelier. Madeleine mi racconta in modo minuzioso la sua storia e i suoi svariati lavori sempre in ambito artistico. La cascina ad Orselina era scomoda da raggiungere e l’atelier cominciava a diventare piccolo. Max decise quindi di venderla così da acquistare qualcosa di più grande che fosse più facilmente raggiungibile per i clienti e che gli garantisse una maggiore visibilità. Grazie agli svariati lavori apportati alla cascina, Max poté rivenderla ad un prezzo più elevato e acquistare la casa a Claro dove Madeleine vive tutt’ora.

Madeleine, originaria del Canton Friburgo, mi racconta che lavorava in un’agenzia di pubblicità a Berna. Era abituata ad una vita in città, con tutte le comodità ad essa associate (come bagno in casa, lavatrice, riscaldamento). Conobbe Max a Berna, sul posto di lavoro, e fu subito un colpo di fulmine. Madeleine ha sempre amato l’arte, infatti mi racconta che le sarebbe tanto piaciuto frequentare una scuola d’arte. Questa sua passione aveva fatto crescere in lei il desiderio di vivere una vita d’artista, pur essendo consapevole che fosse una vita di sacrifici. Dopo l’incontro con Max il suo sogno le parve sempre più realizzabile. C’era però un problema fondamentale: la lingua. Madeleine infatti lavorava a Berna, ma il tedesco lo parlava poco, l’agenzia per la quale lavorava era francese e non le era necessario il tedesco. L’italiano lo aveva studiato a scuola ma lo aveva lasciato dopo due anni. Max al contrario parlava lo svizzero tedesco e il francese non lo voleva parlare: probabilmente a causa di un’insegnante che durante le scuole lo aveva umiliato. La lingua era quindi un po’ una barriera, ma l’amore permette di superare qualsiasi ostacolo. Così, a distanza di un anno si sono sposati e hanno cominciato una vita insieme nella casa acquistata qualche anno prima da Max a Claro. Madeleine descrive un grande e bel glicine del quale era rimasta colpita la prima volta che vi si era recata.

All’inizio per Madeleine non fu facile. Veniva dalla città e non era capace di fare nulla, c’erano tanti lavori da svolgere e per lei era tutto nuovo e tutto da imparare. Le sue uniche esperienze al di fuori della città erano le gite in campagna quando era bambina e tutto d’un tratto si era trovata a vivere in un mondo che non conosceva. Ma il fascino della vita d’artista e l’amore per Max erano più grandi e hanno fatto in modo che tutto andasse per il meglio. Racconta che non avevano il bagno all’interno della casa, che riscaldavano con la legna, che lavava i vestiti a mano, fatti che oggigiorno non ci sembrano possibili o che diamo per scontati.

I lavori artistici di Max andavano bene, fu incaricato dei restauri delle chiese di Claro e fece delle esposizioni che ebbero successo, per cui pian piano hanno potuto investire i risparmi nella casa. Madeleine mi ha raccontato che sono sempre riusciti a fare tutto, bastava trovare il giusto equilibrio, fare dei lavori solamente quando si avevano le risorse a disposizione. Con calma e costanza tutto andava per il verso giusto. Come si suol dire l’importante era “non fare il passo più lungo della gamba”.

In seguito mi racconta di come è cominciata la sua produzione artistica. Doveva fare i regali di Natale per la famiglia a Friburgo e ha pensato di fare dei collage con la stoffa, che sono stati molto apprezzati. Mi racconta che Max l’aveva sempre incoraggiata a dipingere o a fare qualche cosa di artistico ma lei era sempre un po’ insicura: era Max l’artista, non voleva metterlo in cattiva luce. Tuttavia, ha cominciato a dedicarsi sempre di più agli arazzi e grazie anche all’incoraggiamento di Max sono cominciate le prime vendite. Mi racconta di aver organizzato una prima mostra a Friburgo che ha riscosso successo, in seguito ha fatto una mostra collettiva con Max, che ha anche avuto successo. Chissà se in futuro ce ne saranno delle altre? In particolare Madeleine rappresenta degli angeli. Alla domanda perché la scelta di illustrare figure angeliche mi risponde che secondo lei permettono di dare libero sfogo alla creatività e inoltre, essendo delle figure mistiche, non esiste raffigurazione giusta o sbagliata.

Madeleine mi ha permesso di visitare la sua casa e il giardino a essa annesso, dove veniamo accolti da un paesaggio magico, in cui troviamo un grande orto, numerose piante, sculture. Mi racconta dei possibili progetti futuri e del desiderio di creare una fondazione per preservare la casa e i lavori di Max. Madeleine mi confida il desiderio di Max di mantenere la casa così com’è e di conservare il suo atelier. Mi permetto di chiederle se ha mai pensato di tornare a Friburgo e lei in maniera estremamente convinta mi dice di no, affermando che ha tutto qui adesso, a Friburgo ha la famiglia con la quale è rimasta in buoni rapporti, ma la sua vita è in Ticino.