di ELIAS BERNASCONI
Recentemente, il programma Storie che va in onda sulla RSI1 ha realizzato un documentario dal titolo “Il cercatore di storie”. Si tratta di un filmato dedicato a un personaggio conosciuto a livello ticinese per le sue indagini storiche e letterarie relative al territorio: Giorgio Tognola. Nato nel 1941 a Grono, nel 1974 si trasferisce a Bedano, dove tutt’oggi risiede insieme alla moglie Pia. Scrittore e storico, per trent’anni ha esercitato la professione di insegnate tra i vari ginnasi e scuole medie ticinesi, oltre a collaborare con enti come la sezione Moesano della Pro Grigioni italiano e lavorare a diverse traduzioni di natura storico-letteraria.
Proprio a seguito del suo pensionamento, ha cominciato a dedicarsi interamente alla ricerca di manoscritti e documenti storici inediti che raccontassero le vicende e i costumi del Ticino, soprattutto quello delle valli sopracenerine. I suoi lunghi lavori di ricerca tra le biblioteche del Cantone e gli archivi privati, e le sue indagini sociali su un Ticino assai diverso da quello attuale, hanno dato vita a diverse pubblicazioni. Tra queste Miserere mei – Pagine di vita mesolcinese e calanchina tra stregoneria, religione, politica e emigrazione dal 1500 al 1700 (Edizioni Ulivo, 2009), Il tascapane: sei racconti e il diario di un soldato tra ‘600 e ‘900 (Edizioni Ulivo, 2013) e Santa Maria di Calanca (per la Fondazione Archivio a Marca e Archivio Regionale Calanca, 2013) oltre a un breve libro dedicato al comune che lo ospita da una trentina d’anni, Momenti di storia di Bedano (2003).
L’idea è dunque quella per una volta di allontanarsi dalle storie che negli anni ha saputo raccontare per focalizzarsi invece sull’uomo, sullo scrittore, sul percorso che ha portato Giorgio Tognola a diventare quello che è oggi: il cercatore di storie.
- Come è nata la passione per le ricerche e le indagini storiche che coinvolgono il territorio?
Sono nato a Grono, in Mesolcina. Visti i tempi duri caratterizzati dalla guerra, i miei genitori erano molto impegnati, e venivo così affidato spesso ai miei zii: da parte paterna si trattava di contadini che mi portavano in montagna, sull’alpe; da parte materna invece erano persone legate all’insegnamento, che amavano raccontarmi delle storie e che mi hanno fatto sfogliare i primi libri. Ricordo inoltre una prozia che aveva vissuto per lungo tempo in America come emigrante, e che amava raccontarmi delle esperienze fatte nel nuovo continente. Con il senno di poi, l’insieme di queste esperienze infantili rappresentano la mia preparazione e la mia inspirazione, la nascita di quella curiosità che un giorno mi avrebbe portato ad interessarmi delle vicende dei ticinesi in America, e in generale del fascino delle storie e dei documenti impolverati da riportare alla luce.
- Come è nato l’interesse per la storia del comune di Bedano, che ha dato alla luce quello che può essere considerato il suo primo libro di natura storica?
A cinquantotto anni sono andato in pensione dalla professione di insegnante. Il tempo a disposizione mi dava la possibilità di coltivare alcuni interessi che durante la mia esperienza come consigliere comunale e municipale di Bedano avevo solo potuto approcciare, come la trascrizione dei principali documenti custoditi nell’archivio. Proprio dalla realizzazione di questo progetto è nata l’idea di raccogliere le informazioni principali per comporre e documentare un libro che riassumesse la storia del comune, per l’appunto il mio primo vero lavoro come storico: Momenti di storia di Bedano.
- Nei suoi libri appare sempre molto forte il legame con il suo luogo d’origine, Grono, e la Val Calanca in generale. Come si è svolta l’indagine relativa al territorio che ha caratterizzato la sua infanzia?
Dopo il lavoro relativo alla storia di Bedano sono tornato nei miei luoghi d’origine, quelli che avevano segnato la mia infanzia; ero deciso a fare una ricerca del materiale custodito nei piccoli comuni della Val Calanca. La mia prima preoccupazione è stata quella di mettere in ordine gli archivi, per scongiurare il rischio che un giorno tutto quel prezioso materiale andasse perso. In seguito ho eseguito una ricerca sul territorio, parlando con persone che erano emigrate, indagando negli archivi privati. Una volta messo assieme materiale a sufficienza, ho pubblicato il mio primo libro di racconti sempre tratti da storie reali, Miserere mei (2009), e i primi libri frutto dell’indagine storica svolta sul territorio: Rossa, Augio, Santa Domenica. Luoghi, nomi, storie (2011) e Santa Maria in Calanca (2013). Per quanto concerne i miei lavori di natura più storica, negli anni ho avuto la fortuna di poter contare sulle preziose indicazioni di Raffaello Ceschi, lo storico ticinese per eccellenza, che mi ha dato una mano enorme per quanto riguarda la metodologia di lavoro, metodologia che si riflette spesso anche nella realizzazione delle storie letterarie.
- Negli anni ha notato un cambiamento per quanto riguarda il suo modo di scrivere?
Personalmente non mi considero uno scrittore. A me piacciono le storie, e spesso, quando mi vedo confrontato con delle lacune a livello di documenti, mi ritrovo a fantasticare su come si siano svolti i dettagli di cui non siamo a conoscenza. Il ruolo nel quale mi sento più a mio agio è dunque quello di cercatore di storie, ovvero una posizione che mi permetta di scovare delle vicende che a mio parere hanno un valore esemplare, sentimentale o di interesse storico, e riuscire a farne un racconto che sia piacevole da scoprire per i miei lettori. Per quanto riguarda l’attività di scrittore, il mio obiettivo è quello di riuscire a scrivere qualcosa di un po’ più lungo, meno legato al documento; vorrei lasciare invece viaggiare maggiormente la mia fantasia, il mio modo di scrivere. Ma il problema è che spesso mi accorgo di essere ancora troppo legato al documento: quando mi mancano le parole, ritorno volentieri al testo di base, trasformando anche in parte il racconto originale.
- Lei è stato anche il protagonista di un documentario, filmato proprio nei luoghi a lei più famigliari. Come ha vissuto questa esperienza?
Il documentario per la trasmissione Storie nasce dalla mia amicizia con il giornalista Andrea Canetta. Penso che l’aspetto che mi stimolava maggiormente fosse proprio la possibilità di far vedere la mia terra. Nelle mie opere si vede spesso il legame che ho con il territorio, e la conoscenza che ho di esso. Questo per me è un legame inscindibile, ed è stato stimolante poter girare delle scene in alcuni dei luoghi dove sono cresciuto e che spesso compaiono nei miei libri.
- Alla luce dei vasti lavori documentaristici, non si può non notare la sua tendenza a rivolgere l’attenzione sempre a fatti che appartengono ad altri tempi e ad un altro modo di vivere rispetto a quello attuale. Come spiega la volontà di girarsi sempre verso il passato?
Effettivamente la mia volontà di rivolgere sempre l’attenzione al passato fa anche parte di una sorta di meccanismo di difesa. A volte sento un certo malessere crescere in me, frutto di situazioni spiacevoli che la nostra società produce, di un’intolleranza generale che in certi contesti si fa sempre più spinta. Se penso al mio impegno a livello scolastico, politico e culturale, nel mio piccolo ho sempre cercato di dare qualcosa. Ma nei confronti di questa burocrazia a volte un po’ torbida e ambigua, noto sempre più spesso la tendenza a chiudermi in me stesso, in particolare nei miei manoscritti, nei miei archivi. Cerco di proteggermi così dal mio malessere, cercando comunque di dare sempre il mio contributo positivo. Cerco di rifugiarmi in quegli ambienti dove trovo ancora qualcosa di positivo, come quando ho la possibilità di svolgere delle attività di volontariato. A livello letterario invece, l’obiettivo delle mie storie è quello di tracciare una sorta di collegamento con l’oggi.
- E il rapporto con le generazioni più giovani?
Nei giovani io ho sempre nutrito fiducia. Con i miei racconti cerco di trasmettere quella curiosità che spinga anche i più giovani ad allontanarsi per un attimo dalla loro routine condizionata dalle numerose tecnologie, al fine di farli riscoprire parte di un mondo genuino che per una serie di motivi non vedono più; è per questo che ho ancora fiducia in un passato che possa fornire il pretesto giusto per alcune riflessioni.
- In conclusione ci vuole svelare qualche nuovo progetto al quale sta lavorando?
Innanzitutto il prossimo 23 settembre al Museo Moesano di San Vittore sarà presentata Tracce d’inchiostro, un’antologia degli scrittori, anche non letterati, che hanno vissuto e che hanno scritto del territorio della Mesolcina e della Val Calanca. Per quanto riguarda invece il mio ultimo racconto storico, sto lavorando alle vicende dell’avvocato e spia Wit von Dörring relative a quando venne accolto a Roveredo; la cosa interessante è che venne accolto da un albergatore presso il quale qualche anno prima aveva soggiornato anche Ugo Foscolo, quando quest’ultimo era dovuto andarsene da Milano. Una serie di lettere sembra provare che Foscolo avesse messo incinta una ragazza di Roveredo, e che quindi fu costretto a scappare a Zurigo. Queste vicende che s’intrecciano sul nostro territorio sono quelle che preferisco, quelle per le quali la mia passione per le storie si compie.