di Mattia Darni
L’Università di Losanna è uno dei più grandi atenei svizzeri, i suoi corridoi vengono giornalmente percorsi da giovani provenienti da diverse nazioni. Ma cosa la rende così attrattiva fuori dai confini nazionali? Ne parliamo con Enrico Castro, studente alla laurea magistrale in linguistica dell’Università degli Studi di Padova, che ha deciso di trascorrere un semestre sulle rive del Lemano.
Come sei venuto a conoscenza dell’UNIL e cosa ti ha spinto a venirci a studiare un semestre?
Sinceramente non conoscevo molto la Svizzera poiché è un Paese piuttosto discreto che non fa parlare molto di sé; tantomeno conoscevo quindi la città e l’Università di Losanna. Sono entrato in contatto con questa realtà grazie alla mia professoressa di letteratura inglese medievale che mi ha consigliato di fare domanda per l’unico posto disponibile nell’ateneo vodese in modo di poter seguire le lezioni del professor Denis Renevey. È bastata una rapida occhiata in Internet e la decisione di partire è venuta da sé.
Dopo l’introduzione dello Swiss-European Mobility Programme (SEMP), hai riscontrato dei problemi con le procedure amministrative? Questo nuovo sistema potrebbe minare, almeno in parte, l’attrattività delle università svizzere?
Ho potuto notare che la burocrazia svizzera è piuttosto complessa, c’è una grande quantità di documenti da richiedere, firmare e inoltrare, ma ciò immagino sia da collegare al fatto che la Confederazione non appartiene all’Unione Europea. Devo però osservare che, in Svizzera, gli impiegati sono molto efficienti. Per quel che concerne il programma sostitutivo all’Erasmus, purtroppo esso toglie visibilità agli atenei rossocrociati. Questi, infatti, non appaiono più nel bando in cui sono elencate tutte le mete di studio e vanno quindi ricercati in quello apposito SEMP; se uno studente non è già a conoscenza di una determinata università svizzera, sarà difficile che riesca a trovarla.
Non sei stato intimorito dal costo della vita in Svizzera?
Prima di tornare in Italia si scherzava con altri ragazzi in scambio che la frase più pronunciata durante il nostro soggiorno è stata «Pardon, mais je n’ai pas d’argent». Per tornare serio, sì, sapevo che in Svizzera la vita è cara, ma ho ritenuto che fosse un’esperienza importante da fare; inoltre se ci si organizza bene, si riesce a rimanere nel budget. Devo comunque ringraziare i miei genitori perché senza di loro non avrei potuto intraprendere questa avventura in quanto sono ancora dipendente da loro a livello economico.
È stata difficoltosa la ricerca dell’alloggio, anche considerando che vieni dall’Italia?
A dire il vero per me non lo è stata. Grazie alla Fondation Maisons pour Etudiants Lausanne (FMEL) ho ricevuto una stanza in un appartamento. Devo però ammettere che l’attesa della mail da parte della FMEL è stata stressante e avevo anche cominciato a valutare delle alternative. Altri amici che, come me, erano in scambio, tuttavia, hanno faticato parecchio a trovare una sistemazione; un ragazzo, addirittura, ha dovuto passare le prime due settimane in ostello.
Se non mi sbaglio, non conoscevi il francese prima di venire a Losanna. Come è stato l’impatto con la nuova lingua? Cosa ti sentiresti di dire a un tuo connazionale desideroso d’intraprendere la tua stessa esperienza, ma intimorito dal fattore linguistico?
Prima di partire sapevo coniugare al presente il verbo “essere” e il verbo “avere”, sapevo pure contare, salvo poi scoprire che in Svizzera lo si fa diversamente! Scherzi a parte, è stata una nuova e divertente sfida! È vero, le prime lezioni di latino o di letteratura francese sono state traumatiche, devo quindi ringraziare compagni di corso e studenti per il sostegno fornitomi. Ogni volta che volevo parlare in francese dovevo ‘impostare il cervello’ in lingua straniera, ma, nonostante i miei sforzi, le parole mi venivano sempre in inglese (lingua che conosco piuttosto bene). Con il tempo, però, mi sono sempre più impadronito del francese fino a arrivare a farmi capire: ricordo la soddisfazione di poter conversare con i miei coinquilini usando la lingua locale. A un mio connazionale direi che nulla è impossibile, di avere fiducia nelle proprie capacità e di non esitare a chiedere aiuto: all’università tutti sono lì per imparare, professori compresi.
Si parlava di lingua, entriamo allora nello specifico. Tu frequenti la laurea magistrale in linguistica dell’Università degli Studi di Padova, come reputi il livello degli studi in italianistica all’UNIL?
Non spetta a me giudicare questo genere di cose; detto ciò, ho avuto l’impressione che i professori siano assolutamente preparati e propongano programmi di alto livello sin dal Bachelor, anche per quel che concerne gli studenti non italofoni. Ho avuto modo di frequentare dei corsi con il professor Tomasin che mi ha fatto amare la sua materia a un punto tale da spingermi a cambiare il soggetto della mia tesi di laurea.
In Italia, mi raccontavi, non esiste il dominio di studi in “italiano”. Un ragazzo che volesse andare a studiare questo soggetto nella Penisola verso quale percorso formativo dovrebbe orientarsi?
Fa un po’ sorridere, perché “italiano” è per noi una materia di scuola, non universitaria. In Italia, gli atenei non sono organizzati per materie. Un giovane che volesse intraprendere i suoi studi nel Bel Paese potrebbe seguire corsi di laurea in Lettere Moderne oppure corsi magistrali in Filologia Moderna, in Linguistica e in altri soggetti simili. Questi percorsi di studio integrano più soggetti, infatti, non è possibile, ad esempio, studiare italiano senza dare esami di latino o di storia. Tuttavia, se qualcuno è interessato a partire in scambio verso l’Italia non si deve preoccupare per le differenze di programma: agli studenti in mobilità spetta sempre il piano di studi libero che permette loro di scegliere i corsi che preferiscono senza dover sottostare alle regole dei piani di studio dell’ateneo di cui sono ospiti.
Mi dicevi che questo non è il tuo primo soggiorno di studio all’estero. In passato sei pure stato all’Università di Leeds, nel Regno Unito. Quali sono, se ne hai trovate, le specificità che caratterizzano gli atenei svizzeri e, in particolar modo, quello di Losanna dagli altri che hai frequentato?
Per il caso UNIL ritengo che la prima cosa da fare sia dividere la sezione di italiano dalle altre della facoltà di lettere. Queste ultime, difatti, adottano lo stesso sistema utilizzato in Inghilterra: temi da scrivere, mancanza di esami orali, presentazioni in classe, lavori di gruppo. La sezione di italiano lavora invece come si fa in Italia: si frequentano i corsi e, alla fine del semestre, si sostiene l’esame (orale o scritto che sia).
Torniamo a un discorso più generale: raccontaci una cosa che ti ha particolarmente impressionato dell’Università di Losanna?
Oltre alle questioni didattiche, un centro sportivo come quello dell’UNIL, in Italia ce lo sogniamo: quanti sport, quante strutture, quante occasioni! Il campus, poi, è fantastico, è grande, immerso nel verde e sulle rive del lago Lemano, un luogo idilliaco direi. Al suo interno, poi, si percepisce un clima internazionale che ha fatto sì che io mi sentissi completamente integrato in questa realtà. A Padova, per esempio, ma il discorso riguarda quasi tutti gli atenei storici d’Italia, i vari dipartimenti sono inseriti in antichi palazzi disseminati per la città. Tutti gli amici che sono venuti a trovarmi hanno avuto la medesima opinione positiva sul campus. Credo che le università svizzere abbiano davvero una marcia in più: le numerose possibilità che offrono. A livello di sezione, ho particolarmente apprezzato lo spazio concesso agli studenti nell’organizzazione di attività come, per esempio, la Notte del racconto.
Immagino che avrai avuto modo di visitare anche la città, come l’hai trovata?
Losanna è davvero bella, accogliente e raccolta. Una piccola bomboniera, direi, il cui centro storico è un buon diversivo dallo studio, una piccola realtà che mi ricorda, per certi versi, Padova. Ho visitato più volte il museo olimpico e, in occasione della nuit des musées, ho visitato i vari musei cittadini che ho trovato molto interessanti. Forse l’unica pecca che ho trovato riguarda i mezzi pubblici la cui frequenza, soprattutto il fine settimana, è un po’ troppo ridotta.
Raccontaci una cosa che ti ha colpito positivamente della Svizzera e una cosa che, invece, ti ha sorpreso in modo negativo.
Banalmente risponderei la ricchezza del Paese che mi ha stupito sia in positivo che in negativo. Volendo invece riflettere un secondo, della Svizzera mi sono piaciuti il paesaggio e la meticolosità delle persone (quasi un’immagine stereotipata). In negativo? A dire il vero, non mi viene in mente niente e non vedo perché dovrebbe.
Per concludere, ti sentiresti ti consigliare ad altri studenti di trascorrere un semestre all’UNIL?
Assolutamente sì!