Libri italiani all’estero: una presenza sempre maggiore
Impegno e sforzi di editori e traduttori per esportare la cultura italiana

Che sugli scaffali delle librerie italiane e ticinesi prevalgano titoli in traduzione è un fatto noto. Ma abbiamo mai provato a chiederci  quale sia il destino dei nostri libri all’estero? Quanto vengono letti gli autori italiani nel resto dei paesi europei e negli altri continenti?

Per una prima risposta si può consultare il sito dell’Associazione Italiana Editori. Si scoprono allora cose sorprendenti. Eh sì, perché dal Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2014 emerge che la vendita di diritti di autori italiani all’estero è aumentata del 7,3% dal 2012 e, addiritura, del 155,4% dal 2001. Ed ecco la novità: ci troviamo di fronte ai segni di una sempre crescente esportazione della cultura italiana. Sullo stesso sito, nel Giornale della libreria, alla rubrica Vendita di diritti aggiornata al 30 settembre 2012, si scopre poi che questa crescita si accompagna ad un altro fenomeno che favorisce il processo di internazionalizzazione della cultura italiana: la sempre più frequente collaborazione con editori stranieri. È il caso, ad esempio, della Holding Effe 2005, gruppo Feltrinelli, che dal 2011 ha stretto degli accordi con la casa editrice spagnola Anagrama e la catena di librerie La Central. Il fatto che si cominci a collaborare con partner spagnoli permette al nostro mercato editoriale, che conta circa 60 milioni di potenziali lettori, di aprirsi al più vasto mercato ispanofono (con quasi 400 milioni di lettori, un pubblico potenziale più numeroso, anche se di poco, di quello anglofono).

Laura Pariani, Dio non ama i bambini

Di questo fenomeno ne sanno qualcosa, naturalmente, i traduttori. Ci siamo dunque rivolti a una di loro: Patricia Orts García, traduttrice dall’italiano, francese e inglese verso lo spagnolo. La sua reazione ai risultati delle nostre ricerche non fa che confermare l’effettivo processo di internazionalizzazione al quale è andata incontro, negli ultimi anni, la nostra cultura: «E pensare che quando ho cominciato a muovermi in questo mondo, tra il 1997 e il 2000, si traducevano poco gli autori italiani: si pensava che ci fosse uno scarso interesse nei loro confronti da parte del pubblico. Poco a poco, però, le cose sono cambiate e oggi si traducono molte più opere italiane». Dall’italiano, ad esempio, Patricia Orts ha tradotto due romanzi di Laura Pariani, Quando Dio ballava il tango (Rizzoli, 2002) e Dio non ama i bambini (Einaudi, 2007), usciti in Spagna con il titolo Cuando Dios bailaba el tango (Editorial Pre-Textos, 2005) e Dios no quiere a los niños (Editorial Pre-Textos, 2008), narrazioni sulle vite e le storie di italiani emigrati in Argentina all’inizio del XX° secolo. Romanzi  come questi presentano una grossa sfida per il traduttore, che deve riuscire a trasferire in un’altra cultura un elemento molto peculiare della cultura di partenza. I personaggi di Laura Pariani, infatti, si esprimono spesso in dialetto lombardo. Come ha fatto Patricia Orts a tradurre questo aspetto? «L’autrice desiderava mantenere, nel limite del possibile, il dialetto. Questo perché i suoi personaggi parlavano una lingua molto intima, che rappresentava per loro una sorta di rifugio», un rifugio che rifletteva la nostalgia per la terra d’origine, l’attaccamento a delle radici lontane e la difficoltà nel trovare il proprio posto in quel nuovo paese. Per rendere questo scarto tra italiano e dialetto, la traduttrice ha sfruttato la particolare varietà di spagnolo parlata in Argentina, aggiungendo degli elementi tipicamente rioplatensi laddove nel testo originale la dialettalità era più marcata. Si è creato, dunque, un contrasto tra varietà linguistiche. Tale contrasto è riuscito a rendere quell’effetto di marginalità determinato, nel testo italiano, dal dialetto lombardo.

Laura Pariani, Cuando Dios bailaba el tango

L’internazionalizzazione della nostra cultura è dovuta certamente al grande lavoro degli editori, ma permessa anche dagli sforzi dei traduttori. Infatti l’esportazione di culture non è un’operazione scontata: ci sono sempre degli aspetti che possono risultare intrasferibili, o quasi. Ciò che quindi dobbiamo augurarci affinché questa tendenza non si arresti è che sia gli editori che i traduttori perseverino: i primi nel creare le possibilità materiali di questa esportazione, vendendo diritti e stringendo accordi con i sempre più numerosi partner stranieri; i secondi nell’ingegnarsi a cercare soluzioni per tradurre anche l’“intraducibile”.