« Tra le mura del Bigorio. Dipinti del Settecento lombardo dalla quadreria del Convento »
Alla scoperta di tesori nascosti sul territorio ticinese

Dieci dipinti a soggetto religioso occupano lo spazio espositivo della Pinacoteca Giovanni Züst di Rancate, dove, il 18 aprile 2015, è stata inaugurata la mostra Tra le mura del Bigorio. Dipinti del Settecento lombardo dalla quadreria del convento. A promuovere l’iniziativa è stata l’Associazione Amici del Bigorio, nata nel 2011. Proponendosi di esporre, in occasione dei 480 anni di fondazione del complesso monastico, alcuni dei dipinti appartenenti alla vasta collezione privata del Convento di Santa Maria Assunta del Bigorio, i curatori, Ivano Proserpi ed Edoardo Agustoni, hanno organizzato il percorso espositivo attorno a tele risalenti al ’700 e appartenenti al panorama artistico lombardo e ticinese. «Nel Convento del Bigorio sono custodite parecchie opere d’arte che la maggior parte degli appassionati non ha mai potuto ammirare, se non in maniera approssimativa», dichiara, nelle prime pagine del catalogo della mostra, Fra Roberto Pasotti, responsabile del centro sociale, religioso e culturale del Convento. «Le opere esposte presso la Pinacoteca Züst di Rancate, che fanno parte della quadreria del convento dalle sue origini fino all’inizio del nostro secolo, sono uscite per la prima volta da una condizione di “clausura” per essere mostrate al pubblico». La mostra si prefigge infatti come obiettivo centrale quello di offrire ai visitatori la possibilità di ammirare dipinti rimasti finora inediti e, per la maggior parte, tutt’oggi privi di studi critici approfonditi. Questi introducono così all’ambiente della vita conventuale e spirituale e rivestono una particolare funzione didattica e devozionale. Come scrivono Proserpi e Agustoni nei saggi in catalogo, infatti, «i dipinti sacri costituiscono una deroga al rigore minimalista del suo contenitore […] da leggere e interpretare in chiave didattica, dove l’immagine è vista come “Biblia pauperum”, in cui il linguaggio visivo deve servire a insegnare la dottrina e proporre modelli di vita virtuosi».

Magatti, San Giovanni Nepomuceno

Pietro Antonio Magatti, San Giovanni Nepomuceno, 1720, olio su tela, 122 x 93 cm (foto di Ely Riva)

Le dieci tele sono state scelte, tra la settantina di opere appartenenti alla collezione, nel contesto del patrimonio artistico settecentesco di area lombarda e ticinese, in cui assumono un rilievo particolare i nomi di Giuseppe Antonio Petrini (Carona, 1677-1759), Pietro Antonio Magatti (Varese, 1691-1767), Giuseppe Antonio Felice Orelli (Locarno, 1706-post 1776) e Federico Ferrario (Milano, 1714?-1802). Come afferma Agustoni il ’700 rappresenta in effetti per il convento il «momento più interessante dal punto di vista artistico». Fondato nel 1535 da due frati francescani, il Convento del Bigorio – prima sede svizzera dei cappuccini – conosce infatti durante il XVIII secolo un importante ampliamento, sia a livello architettonico, grazie ai lavori dell’architetto Caresana, che collezionistico; è in questo periodo che molte opere entrano nella quadreria conventuale, ampliandone la collezione che, verso la metà dell’Ottocento, annovera circa duecento pezzi, risalenti al periodo compreso tra il Rinascimento e il XIX secolo. Sono tuttavia le tele datate al Settecento quelle centrali nella collezione, la quale, sebbene molti dipinti siano andati perduti, continua ad ampliarsi negli ultimi decenni grazie alla presenza di Fra Roberto.

La sala dei dipinti di Petrini alla Pinacoteca

La sala Petrini della mostra alla Pinacoteca Züst (foto di Natalia Proserpi)

Delle dieci tele esposte alla Pinacoteca Züst, quattro sono quelle facenti parte della quadreria storica del convento, mentre le altre sono state acquistate in anni recenti. L’esposizione si organizza su due sale; una dedicata a Petrini, artista centrale nel panorama artistico del ’700 ticinese e italiano, di cui sono esposti cinque pezzi: il San Giacomo Maggiore, la Madonna del rosario (o della cintura), il Profeta Isaia, un Crocifisso e un ipotetico Profeta. Nell’altra sala si possono ammirare il San Giovanni Nepomuceno di Magatti, il Gesù Bambino dormiente sulla croce e il San Giovannino Battista di Orelli, e i dipinti raffiguranti San Giuseppe col Bambino Gesù e Sant’Anna, San Gioacchino e la Vergine bambina di Ferrario.

Accompagnata da un catalogo contenente saggi sulla storia del convento e sulla sua quadreria e schede critiche dei dipinti esposti curate da Edoardo Villata, la piccola mostra, che rimarrà aperta fino al 13 settembre 2015, si propone così di offrire allo sguardo del pubblico dei capolavori regionali poco conosciuti – senza ridurre con ciò l’importanza dei loro autori –,  inserendosi perfettamente nelle scelte culturali portate avanti dalla Pinacoteca Züst. Questa si adopera infatti da molti anni per lo studio e la valorizzazione di artisti appartenenti all’area ticinese e lombarda vissuti nel periodo che va dal XV al XIX secolo, offrendo ai visitatori – regionali e non – la possibilità di ammirare opere appartenenti al ricco contesto culturale locale. Un proposito espositivo che, oltre alle mostre temporanee, è rispecchiato anche nella collezione permanente, che si concentra attorno ai lavori di artisti quali Antonio Rinaldi, Giovanni Serodine, e Giuseppe Antonio Petrini, importanti pittori svizzero-italiani. Per concludere, si tratta quindi di una iniziativa che attesta la passione degli organizzatori per le testimonianze artistiche delle loro valli e dei loro luoghi, testimonianze che, alla pari di quelle dei più grandi maestri, meritano pienamente il loro posto nelle esposizioni e nei musei.

Orelli, San Giovannino Battista

Giuseppe Antonio Felice Orelli, San Giovannino Battista, 1740/50, olio su tela, 28,5 x 62 cm (foto di Ely Riva)