Un gigante in meno
Leggendo l’ultima opera di Umberto Eco

di ILARIA GARZONI

Sulle spalle dei giganti(La nave di Teseo, Milano, 2017) è l’ultimo libro scritto dall’illustre filosofo, medievalista, semiologo, massmediologo e scrittore Umberto Eco (1932-2016), pubblicato a un anno e mezzo dalla sua morte. L’opera si configura come un compendio, riunendo in sé tutti gli interventi effettuati da Eco in occasione del festival La Milanesiana (ideato e diretto da Elisabetta Sgarbi), dal 2001 sino al 2015. Si tratta, per l’esattezza, di dodici scritti di diverso argomento, che il professore presentò in forma di lezione, molto spesso congiunti ad immagini di opere d’arte o a copertine di celebri libri e film. Tuttavia, nonostanti le innumerevoli citazioni presenti nel testo, e nonostante spesso, durante la lettura, si possa avere l’impressione di non riuscire a cogliere fino in fondo ogni collegamento attuato dall’autore, la lettura di questi saggi esorta al ragionamento e stimola incredibilmente la curiosità, approssimando alla considerazione di aspetti che rientrano nell’ambito quotidiano, ma ai quali di rado si presta attenzione. Proprio per questa ragione, la sola opportunità di accostarsi a tali riflessioni, seppur senza necessariamente comprenderle nella loro interezza, può rivelarsi una grande fonte di appagamento intellettuale. Non per niente, una delle più incredibili qualità dell’autore fu quella di saper unire al proprio sapere la capacità di trasmetterlo, coinvolgendo -nonostante la complessità dei temi affrontati e la vastità della propria conoscenza- anche un pubblico più ampio rispetto a quello esclusivamente accademico.

 

L’aspetto più affascinante dell’opera è -senza dubbio- la notevole profondità dei relativi contenuti, la quale sembrerebbe suggerita da una necessità impellente, da parte dell’autore, di ribellarsi al contesto storico e socio-culturale odierno, a partire dal quale iniziò a sviluppare le sue lunghe e approfondite riflessioni, il cui obiettivo parrebbe quello di invertire una tendenza -ormai generalizzata- alla superficialità. Il periodo storico nel quale ci troviamo immersi, infatti, è da ritenere, per molti versi, un momento di transizione: una condizione nella quale l’umanità si è già trovata in più frangenti nel corso della Storia, ma che di volta in volta sembra assumere caratteristiche peculiari. Nel nostro caso specifico, in un quadro temporale che appare limitato su entrambi i fronti-ormai del tutto slegato dal passato e affacciato su un futuro che intimorisce-, ciò che sembra risultare davvero caratteristico non è tanto il senso di provvisorietà in sé, quanto piuttosto le reazioni che ne derivano: da un lato una forte inquietudine, dall’altro una sorta di sconsiderata irriflessione.

 

Sulle spalle dei giganti, titolo del primo saggio contenuto nella raccolta e dell’intero libro, è parte di un’espressione metaforica di uso abbastanza comune -riconducibile al filosofo medievale francese Bernardo di Chartres-, a partire dalla quale l’autore avviò la propria riflessione sulla modernità intesa come evoluzione di un’esperienza preesistente, posta in apertura dell’opera: ciò che rende moderno, ci spiega Eco, è il recupero dei modelli precedenti e insieme il loro ampliamento, in un andamento interrottosi unicamente ora, all’interno diuna realtà nella quale i giganti sembrerebbero svaniti e, conseguentemente, rimarrebbero soltanto nani. È con questo primo importante interrogativo che l’autore sceglie di dare inizio al proprio “viaggio”: senza più degni modelli a cui ispirarci e senza più i fondamenti costituiti dal lavoro svolto dalle grandi personalità che ci hanno preceduti, come potremo progredire e perpetuare la nostra conoscenza? Eppure, questa domanda -che già si per sé ci appare tanto complessa- è solo la prima della lunga serie di quesiti che si susseguono all’interno del testo, e tramite i quali ci addentriamo, accompagnati dalla straordinaria saggezza dell’autore, in un mondo molto più ricco e vasto di quello con siamo abituati a confrontarci: un mondo nel quale ci si sofferma a chiedersi che cosa siano davvero la bellezza e la bruttezza; nel quale l’invisibile può concretizzarsi; l’assoluto e il relativo andare oltre le pagine dei manuali scolastici di filosofia; e il sacro manifestarsi attraverso i lineamenti di una giovane Monica Bellucci. Ad argomenti di natura filosofica, letteraria, artistica, etica e massmediatica -infatti- Eco associa nomi e volti, sagome e colori, conferendo a ciò che potremmo definire astratto una straordinaria concretezza, e a ciò che si potrebbe considerare “passato” un’indiscutibile attualità.

 

Attraverso questo meraviglioso intrecciarsi –all’interno dell’opera- di cultura del passato e del presente; in un perfetto equilibrio tra antico e moderno e tra tradizione e innovazione, l’autore rivela la propria grandezza e -riprendendo temi a lui cari, già affrontati nella stesura di saggi precedenti- ci offre la soluzione alla problematica con cui la sua raccolta si era avviata: l’unico modo per sopravvivere al periodo storico nel quale ci troviamo e per evitare che “schiere di nani finiscano per sedere sulle spalle di altri nani” è non smettere di porsi domande; è credere nel potere della curiosità e andare oltre l’immediato.