di GIORGIA ROSSI
Ajla Del Ponte, giovane velocista ticinese dai diversi successi (bronzo nella staffetta 4×100 agli Europei U23 del 2017, oro nella staffetta 4×100 alle Universiadi di Taipei sempre del 2017, e partecipazione alle Olimpiadi di Rio del 2016) è anche studentessa all’Università di Losanna. Con questa intervista cercheremo di capire come si bilancia una carriera da sportiva di élite e un altrettanto pregiato percorso all’Università.
Com’è nata la passione sportiva e come si è evoluta nel corso del tempo?
È nata quando ero piccola. I miei genitori hanno sempre voluto che io e mio fratello praticassimo dello sport. All’inizio c’è stata una preferenza per gli sport invernali perché mio papà è molto appassionato di hockey; mio fratello ha seguito la sua strada ed ha continuato con l’hockey tanto che ora si trova in Nord America a giocare, io invece ho cominciato con il pattinaggio artistico ma poi ho capito non essere davvero la mia passione. Ho praticato successivamente la pallavolo e l’unihockey per poi arrivare, senza troppe aspettative, all’atletica. Mia mamma, un giorno, si era resa conto, a seguito di una UBS KIDS CUP andata molto bene (era da un anno che non praticavo più nessuno sport), che forse avrei dovuto iscrivermi in un club e da lì in avanti sono sempre stata nel US Ascona, la mia società attuale.
Quando hai capito che lo sport poteva diventare qualcosa di più per te?
Attorno ai 17-18 anni. Ho sempre praticato l’atletica per divertimento, perché mi faceva stare bene. All’inizio facevo salto in alto, salto con l’asta, senza avere troppe pretese agonistiche ma poi ho cominciato a fare gare di sprint e mi sono resa conto che c’era del potenziale. La prima volta che ho capito che valeva la pena continuare è stato nel 2014, quando ho partecipato ai miei primi campionati del mondo U20, sui 100m con la staffetta 4×100.
Come sei riuscita a gestire sport e scuola all’inizio? E dopo?
Credo che ognuno debba trovare la propria via per gestire il suo percorso di studi e la stessa cosa vale per gestire carriera sportiva e scolastica assieme. Per quel che mi riguarda, senza lo sport non riuscirei a studiare così bene, perché mi tiene la mente fresca e mi motiva; e senza l’università non penso che potrei avere la stessa motivazione per essere sportiva. Le due cose vanno assieme: ho bisogno di tutte e due per provare ad eccellere in entrambi i campi. A livello scolastico sono stata fortunata, sin dal liceo i miei professori sono stati molto comprensivi e mi hanno sempre aiutata; ogni mercoledì dovevo andare a Berna ad allenarmi per la staffetta e nessuno mi ha mai ha mai rinfacciato niente. Anche all’università sono stata fortunata, ho trovato professori che mi incoraggiano e che seguono i miei risultati e quindi un ambiente così, con anche dei compagni che sono disposti ad aiutarmi, è sicuramente la condizione migliore per me, perché non è solo un impegno mio ma anche delle persone che mi circondano.
Mondiali juniores 2014, Rio 2016, Mondiali, Universiadi: la domanda sembra scontata, ma, qual è stato l’evento che più ti ha segnato?
Ognuno di questi eventi è speciale a modo suo. I mondiali del 2014 U20 erano la mia prima grande manifestazione sportiva, ero alle prime armi ed ero emozionata, non sapevo come funzionasse una « call room » né un campionato. Rio, le Olimpiadi, sono state incredibili. Soltanto il fatto di esserci, fare parte del sogno di ogni sportivo, è stato semplicemente surreale. Quando hanno accesso la fiamma olimpica mi sono messa a piangere come una bambina perché soltanto in quel momento ho realizzato dove fossi davvero. Le Universiadi sono state speciali a modo loro, l’ambiente è completamente diverso da quello di altre competizioni, più studentesco, c’è molto più scambio, le persone sono meno dedite alla competizione e alla performance e più ad instaurare legami. I campionati del mondo a Londra del 2017 mi rimarranno anche sempre nel cuore perché prima dell’eliminatorie della 4×100 il pubblico ha cominciato a cantare Sweet Caroline all’unisono e questo mi ha tolto tutto lo stress.
Le Olimpiadi, Rio 2016: tre parole per definire la tua esperienza?
Sogno, esperienza e inizio.
« Sogno » perché, come ho già detto, le olimpiadi sono l’aspirazione di ogni sportivo e parteciparvi a soli 20 anni per me è stato davvero il più grande sogno di sempre. Mi ricordo bene che nel 2012 ero davanti alla televisione a guardare tutte le gare di Londra e che, 4 anni dopo, mi sono ritrovata nello stadio olimpico a correre anche io. « Esperienza » perché mi ha insegnato moltissimo su di me e sulla gestione dello stress. « Inizio » perché è stato l’inizio di un nuovo percorso, di una nuova me. Mi sono resa conto che 4 anni dopo avrei avuto la possibilità di partecipare individualmente alle olimpiadi di Tokyo 2020.
Qual è il sacrificio più grande che hai dovuto fare in questi anni?
Di sacrifici ce ne sono stati tanti e quelli che mi hanno fatto più male sono stati quelli che mi hanno portato lontano dalla famiglia. Ci sono state delle estati in cui mio fratello tornava dal Nord America e io lo potevo vedere solo per una settimana, il che voleva dire vederlo per una settimana in un intero anno, ed essendo molto legata a tutta la mia famiglia, ai miei genitori ed ai miei nonni, stare lontana da loro e non poter tornare spesso in Ticino nemmeno per vedere i miei amici è stato molto difficile per me ma anche da far capire agli altri. Alla fine questa è la mia vita e queste sono le mie decisioni e so che alla fine non mi pentirò dei miei sacrifici.
È lo sport che ti ha portato a Losanna o Losanna che ti ha portato (maggiormente) allo sport?
Sono venuta a Losanna principalmente per lo sport. A Losanna si allena il gruppo migliore di sprint di tutta la Svizzera con il mio attuale allenatore, Laurent Meuwly, con il quale volevo continuare a crescere come atleta. Ho deciso, quindi, di venire a Losanna per poter continuare allenarmi sotto la sua guida. Ora, purtroppo, lui ha deciso spostarsi ed andare ad allenare in Olanda quindi d’ora in avanti farò avanti e indietro tra Losanna e l’Olanda. In generale però, è stata la miglior scelta per me di venire a Losanna, adoro la città, il campus verdeggiante dell’Università ed il fatto di aver così vicino il lago mi ricorda Locarno, quindi, in un certo senso, casa.
A che punto sei del tuo percorso di studi?
Ho cominciato il primo semestre del master a febbraio. Rispetto ad un cursus normale, rispetto ai compagni che hanno cominciato con me, ho solo 6 mesi di ritardo. Adesso però ci vorrà più di tempo, soprattutto perché devo andare all’estero per per allenarmi. Dovrò prendere con calma il ritmo dei corsi e dei seminari. Mi piace molto studiare e quindi è un gran peso dover partire all’estero perché mi piace anche andare a lezione. Ad esempio, questo semestre, su 14 settimane di corso, ne potrò frequentare solo 7.
Cosa preferisci / cosa hai preferito del tuo percorso di studi?
Per i miei studi ho scelto i miei grandi amori delle elementari: storia ed italiano. In 3° elementare ho dovuto fare una piccola presentazione di storia e ho scelto di farla sugli egizi. Da quel momento ho sempre voluto studiare storia. Entrambe le materie mi appassionano enormemente, è una cosa che potrei fare per tutta la mia vita anche se non penso che sarà così. In ogni caso, sono contenta di avere scelto due materie che mi appassionano e mi incuriosiscono enormemente.
Finita l’Università cosa vorresti fare?
Finita l’Università sarà un grande punto interrogativo. Penso che per qualche anno mi concentrerò solo sullo sport professionistico. Poi però cercherò un impiego almeno al 30%, perché ho bisogno di fare qualcosa d’altro oltre allo sport. Mi piacerebbe lavorare in un museo o nell’editoria. Oppure mi piacerebbe anche, grazie al ruolo di sportiva, entrare in un’organizzazione internazionale per promuovere valori in cui credo, a livello sociale o ambientale.
Tornando, da ultimo, allo sport, cosa ti attende nel futuro più prossimo? Tokyo 2020 è nei piani? E Parigi 2024?
Tokyo 2020 è sicuramente uno dei miei obiettivi principali, se non il principale. Si avvicina ogni giorno sempre di più. Siamo arrivati a quel momento in cui l’obiettivo non è più così lontano che lo si può già un po’ assaporare. Ogni giorno, ogni allenamento che faccio è anche improntato in questa direzione. A livello sportivo, quindi, vorrei partecipare individualmente ai Giochi di Tokyo 2020. Per quel che riguarda Parigi, il mio obiettivo sarebbe quello di finire la mia carriera finita l’olimpiade. Vedremo, la vita ci porta sempre in luoghi che non possiamo prevedere. È un’avventura a cui guardo con impazienza, sono curiosa di vedere cosa succederà.