Intervista a un insegnante per vocazione
Incontro con Rosa Munforte per parlare dell’insegnamento dell’italiano oggi a degli studenti francofoni

di DANIELE SAPIENZA

 

Qual è il tuo bagaglio formativo e perché hai deciso di diventare insegnante?
Ho fatto i miei studi in Svizzera, nel canton Vaud, dalla scuola obbligatoria fino all’università di Losanna, dove ho studiato italiano come materia principale, laureandomi nel 2005 con una tesi dal titolo «Lingua e stile nella raccolta Frontiera di Sereni» diretta dal prof. Marco Praloran. Dopo aver conseguito l’abilitazione all’insegnamento ho iniziato da subito a insegnare nelle scuole medie vodesi, dove l’italiano è una materia opzionale che si studia negli ultimi tre anni di scuola. L’interesse, o meglio la vocazione, per l’insegnamento mi è nata fin da piccola e non mi ha mai lasciata, anzi negli anni è cresciuta ed è diventata una scelta consapevole e adesso è la mia professione. Insegno l’italiano con l’intento e il piacere di trasmettere i valori della cultura italiana, che sono parte di me dal momento che è anche la mia lingua madre. La soddisfazione dopo undici anni di insegnamento è sempre maggiore, soprattutto quando osservo che al termine dei tre anni questi piccoli studenti riescono ad esprimersi e a comunicare in italiano.

Da quando hai iniziato la tua professione è cambiato il mestiere di insegnante?
Sì, è cambiato, perché i bambini sono molto cambiati. Adesso sono più a contatto con la tecnologia e sembrano più svegli rispetto a prima, ma più agitati. Quando ho iniziato, durante le mie lezioni, impiegavo meno tempo a richiamare l’attenzione degli alunni sulla disciplina e sulla corretta educazione da tenere in classe. Oltre a ciò constato che vogliono fare tutto velocemente, andare avanti molto rapidamente nei compiti e se, per esempio, la spiegazione di un argomento richiede più tempo, noto insofferenza e un calo dell’attenzione. Certamente l’insegnamento è cambiato con le nuove generazioni, è diverso, ma sempre stimolante.

Parlavi di tecnologia e velocità. Qual è il posto occupato dalla tecnologia nell’insegnamento di oggi?
Rispetto a quando ho cominciato ad insegnare il posto occupato è maggiore, perché questi bambini sono circondati da smartphone, tablet e hanno un facile accesso ad internet, e quindi l’insegnante, nell’ottica di stimolare in altri modi l’apprendimento della lingua, oggi più che mai, deve anch’egli integrare questo genere di strumenti nella propria didattica.

In base a quello che hai appena affermato, pensi allora che la tecnologia è necessaria per insegnare l’italiano? Se sì, quali sono i mezzi tecnologici da te utillizzati?
Sì, ma non per tutto. Trattandosi di bambini francofoni l’italiano si impara prevalenetemente in classe, e nella fondamentale fase di apprendimento del vocabolario e della grammatica, a mio parere, la tecnologia non può avere alcun posto o ruolo utile. Solo in un secondo momento ricorro all’utilizzo di beamer, dvd, cd e internet per ascoltare dialoghi, dei brani musicali o guardare dei film italiani, al fine di testare il loro livello di competenza della comprensione orale acquisita tramite lo studio e le esercitazioni sui libri in classe e, come accennavo prima, è una modalità per avvicinarli alla cultura italiana, utilizzando strumenti ai quali sono più abituati.

Come vedresti l’introduzione dei tablet nella scuola dove insegni? Quali potrebbero essere i vantaggi /svantaggi per l’insegnante e per gli alunni?
Potrebbe essere utile agli insegnanti per alcuni obblighi di natura amministrativa. Ad esempio per registrare le assenze e i ritardi degli alunni, adesso si ricorre all’uso di fogli cartacei da consegnare alla segreteria della scuola; quando accade che un alunno ha totalizzato parecchi ritardi, scatta una punizione, e molto spesso tra i tempi di registrazione impiegati dalla segreteria e quelli di realizzazione della punizione trascorre del tempo. Con un tablet, invece, tramite una segnalazione in tempo reale, si sburocratizzerebbero questo genere di pratiche macchinose tra l’insegnante e gli uffici scolastici. Per gli alunni, invece, credo che non sarebbe una buona idea l’introduzione dei tablet a scuola. Perché come ho avuto modo di affermare all’inizio, gli alunni accedono con grande facilità e libertà ai mezzi tecnologici a casa e durante il tempo libero, per cui penso che la scuola debba restare un luogo in cui ci siano ancora i libri, le penne, i quaderni ed un contatto diretto con l’insegnante e i compagni di classe, senza la presenza di schermi posti davanti a ognuno che limiterebbero l’interazione umana, fondamentale per gli alunnni a questa età.

Pensi che l’insegnamento “classico” non dovrebbe o potrebbe mai essere sostituito?
Secondo me non dovrebbe mai essere sostituito perché gli alunni a questa età hanno bisogno di un contatto reale con i libri, di poter scrivere e di relazionarsi con l’insegnante. Gli alunni sono tutti differenti, ed anche questo è il bello del mio mestiere: avere tutti i giorni varie personalità che hanno qualcosa di diverso da esprimere e da condividere. Io trovo indispensabile la presenza di qualcuno che ascolti le loro idee e i loro pareri, ciò che un computer non potrebbe fare. Ripeto, gli alunni hanno cose interessanti da dire e i loro spunti e la loro immaginazione sono aspetti importanti da preservare. Sarò ripetitiva, ma questa parte umana non dovrebbe mai essere sostituita e i libri nemmeno, perché a mio parere si smarrirebbero molti di quei valori necessari e indispensabili per la crescita cognitiva di un individuo.

In un’occasione ho avuto modo di scambiare con te due parole sulla scelta di proporre ai tuoi alunni francofoni di 12, 13 e 14 anni, testi di letteratura italiana. È molto ambizioso da parte tua. Visto il loro livello della lingua non avanzato, quali testi proponi, in quale fase dell’apprendimento e qual è lo scopo?
L’italiano è una lingua molto vicina al francese e questo è abbastanza noto, per cui risulta agevole poter leggere subito dei testi con gli alunni. Dopo alcuni mesi leggiamo dei racconti corti e semplificati, adattati al loro livello di apprendimento della lingua. Tra i generi che propongo per la lettura, oltre ai gialli e ai romanzi di formazione, vi sono racconti classici della letteratura italiana come una delle novelle di Giovanni Boccaccio (Federigo degli Alberighi e il suo falcone), scritta in un italiano semplice e moderno, che agli alunni piace molto perché si inserisce in un contesto culturale e storico che non conoscono, quale è quello del Trecento. Durante la lettura pongono molte domande su questa epoca così lontana dalla loro, ad esempio quando si incontra il personaggio femminile di “monna Giovanna” chiedono perché ‘monna’? Trovano questo termine strano e gli spiego che è un diminutivo di Madonna, appellativo con il quale ci si riferiva alle signore nel tardo Medioevo, e porto insieme l’esempio del nome Monna Lisa, del celebre dipinto di Leonardo, La Gioconda, che conoscono e in tale circostanza comprendono il significato di questa parola. Ecco che attraverso la lettura di questo genere di testi mi avvicino alla cultura italiana in vari modi.

Che genere di feedback ricevi a posteriori dai tuoi alunni?
Loro sono molto contenti perché si rendono conto che possono utilizzare la lingua, in quanto leggendo hanno accesso ad un insieme di valori che non potrebbero mai conoscere se un insegnante non gli offrisse questo genere di attività. Quando arrivo all’ultimo anno leggo un romanzo moderno, ad esempio quest’anno ho letto Nel mare ci sono i coccodrilli di Fabio Geda, l’anno scorso Febbre gialla di Carlo Lucarelli, o libri come Io non ho paura e Io e te di Nicolò Ammaniti, ecc. Ritornando al libro di quest’anno, all’inizio non è stato semplice per loro entrare nella storia, perché ho dovuto spiegare com’era strutturato il libro. Nella prima fase gli ho accompagnati nella lettura, andando oltre la semplice comprensione, spiegando come effettuare un’analisi sui luoghi, sui personaggi, sulle tematiche, al fine di far comprendere meglio il testo e le intenzioni dell’autore. In una seconda fase hanno fatto questo lavoro autonomamente, lavoro il cui risultato è stato messo in comune mediante delle presentazioni individuali su alcuni passaggi del libro. Sono rimasta sorpresa, in senso positivo, quando gli alunni mi hanno confessato che spontaneamente sono andati a cercare delle informazioni sul personaggio principale della storia (realmente accaduta) su internet, per saperne di più. In questo frangente ho pensato quanto il ricorso alla tecnologia sia stato utile come supporto didattico a posteriori. Al termine della lettura chiedo sempre le loro impressioni che sono molto positive, in quanto nonostante le difficoltà iniziali si rendono conto della buona riuscita, dei progressi fatti e dei valori che ogni storia veicola, spingendoli alla riflessione e sollecitando il loro piccolo spirito critico.

Ritieni che al giorno d’oggi la letteratura debba restare un obiettivo importante per la didattica nella scuola dell’obbligo? Perché?
Assolutamente sì. Imparare una lingua non è soltanto poter dire buongiorno, arrivederci, quanti anni hai, ecc., è anche entrare nella cultura della lingua mediante la lettura e non per forza soltanto di libri letterari, ma anche attraverso articoli di giornali, riviste ecc. Leggere è molto importante, in quanto permette di accedere a un sistema di valori e di conoscenze appartenenti a un mondo differente dal proprio. Infatti, a conclusione di ogni attività di lettura, intravedo negli sguardi degli alunni una certa fierezza, perché si rendono conto di essere riusciti a leggere in italiano. Qui ci terrei ad aggiungere e concluderei dicendo che quando si è appassionati del proprio mestiere, come nel mio caso, gli alunni lo percepiscono e si lasciano trasportare.